Economia

Antitrust-Intesa: le Fondazioni azioniste in aiuto di Bazoli

Nella vicenda che vede Intesa Sanpaolo oggetto di un’istruttoria Antitrust per il patto di consultazione stretto da Crédit Agricole e Generali, a fianco della banca potrebbero impegnarsi in prima persona anche le fondazioni storiche, e cioè Cariplo, San Paolo e Carisbo. Secondo quanto è trapelato ieri, l’analisi della vicenda è stata affidata allo studio legale Portale Visconti, che ha il compito di valutare se e come gli enti potranno assumere un proprio ruolo nella questione. L’interesse delle fondazioni è quello di tutelare il proprio bene, ovvero il gruppo bancario da esse partecipato; poiché la sanzione che potrebbe essere inflitta dall’Antitrust a Intesa Sanpaolo richia di essere colossale (fino a 5 miliardi di euro, calcolata in rapporto al fatturato della banca), il danno deriverebbe in maniera sensibile anche per gli azionisti che, quindi, intendono premunirsi per tempo. Un altro aspetto, più delicato e complesso, è al vaglio dei legali: delle condizioni poste dall’Antitrust nel 2006 per dare il via libera alla fusione tra Intesa e Sanpaolo Imi, l’interlocutore formale è il soggetto che ha preso vita da quell’operazione; tuttavia l’accordo nacque dall’assenso dei soci, il cui ruolo può ritenersi non immune da responsabilità.
Proprio due azionisti, Crédit Agricole e Generali, hanno dato origine, con il loro patto di consultazione, all’istruttoria dell’Antitrust. La vicenda, dai contorni piuttosto complessi, è nota e nasce dall’esigenza della banca francese di trasformare in «strategica», e non finanziaria, la partecipazione in Intesa Sanpaolo, per rispettare una precisa richiesta delle autorità francesi. Il patto sottoscritto con Generali - consultazione sulle delibere di maggior rilievo e rappresentanza comune del cda - ha sistemato le cose in Francia ma ha creato problemi in Italia, dove l’Antitrust ha immediatamente ricordato gli impegni posti all’epoca della fusione, quando al Crédit Agricole fu imposto di alleggerire quote e ruolo nel gruppo italiano: avrebbe dovuto scendere al 5% nel 2008 e al 2% entro il 2009. Ma attualmente possiede ancora il 5,8%, perché i mercati hanno deprezzato a tal punto il pacchetto, da renderlo invendibile senza una fortissima minusvalenza.
Intesa ha già dato incarico di assisterla nella vicenda allo studio Pedersoli; l’amministratore delegato Corrado Passera ha già sottolineato la responsabilità puramente formale del gruppo, e quella invece sostanziale dei soci che hanno dato vita all’accordo in questione. La procedura antitrust dovrà chiudersi entro 150 giorni dal suo avvio, entro l’11 ottobre; la banca ha 30 giorni per le proprie controdeduzioni. Il consiglio di sorveglianza di ieri ha affrontato il problema con una prima illustrazione della cronologia dei fatti. Per ragioni «di opportunità» non era presente Antoine Bernheim, presidente delle Generali.
Oltre allo spinoso tema antitrust, il consiglio di sorveglianza, presieduto da Giovanni Bazoli, ha preso visione dei conti del primo trimestre, che hanno registrato un utile netto di 1,1 miliardi, grazie anche a benefici fiscali per 511 milioni.

Il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Enrico Salza, ha anche annunciato che il gruppo ha già dato tutte le autorizzazioni per la richiesta dei Tremonti bond (fino a 4 miliardi), la cui richiesta tuttavia non è ancora stata inoltrata al Tesoro.

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