Economia

Sciogliamo quel patto col diavolo sui crediti

È indispensabile fare  ripartire subito i prestiti. Ma è giusto chiedere alle banche di pagare un dazio per gli eccessi del passato

Sciogliamo quel patto col diavolo sui crediti

Ci sono due grandi scommesse che si giocano oggi nel sistema bancario italiano. E dalle quali dipenderà non solo il nostro futuro finanziario, ma anche la ripresa economica. Non vogliamo apparire melodrammatici, ma le due sfide sono davvero epocali. La prima riguarda il livello delle sofferenze e dei crediti dubbi del sistema. La seconda l'esposizione del medesimo nei confronti del debito sovrano italiano.
Secondo gli ultimi dati forniti dall'Abi ogni 100 euro di prestiti concessi, ci sono più di 8 euro in sofferenza. Un tasso altissimo, che in termini assoluti si avvicina ai 160 miliardi di euro, il 10 per cento circa dell'intera ricchezza italiana. Negli ultimi mesi le grandi banche hanno cercato di trovare dei modi per liberarsi da questo fardello: si parla sempre con maggiore insistenza di una bad bank, dove raccogliere una buona quota di questi crediti inesigibili. Le soluzioni allo studio sono molteplici. È del tutto evidente che liberare le banche dagli errori del passato permetterebbe loro di investire nel futuro. Il punto però è proprio questo. Si deve trovare una via di mezzo. Non è accettabile che le banche non paghino pegno per le loro condotte del passato. E nel contempo si deve fare in modo che esse riprendano a prestare. Ben vengano dunque soluzioni finanziariamente accettabili per gli istituti di credito, ma senza costi per il contribuente. Se ciò avvenisse, a parte ogni considerazione etica, si immetterebbe nel sistema una massiccia dose di azzardo morale: se le banche e i banchieri possono sempre farla franca, perché avere atteggiamenti virtuosi?
E qui entra in gioco la seconda scommessa del sistema creditizio italiano: il suo rapporto privilegiato con lo Stato. Siamo passati dai «Bot people» ai «Bot bankers». Tra dicembre del 2011 e settembre del 2013, lo stock di titoli del debito pubblico è cresciuto di 132 miliardi di euro (alla faccia del risanamento), superando quota 1.730 miliardi. I privati (cioè i Bot people) sono scappati e detengono 166 miliardi di titoli, avendone venduto la bellezza di 73 miliardi: i risparmiatori italiani hanno in mano meno del 10 per cento dei titoli pubblici in circolazione. Anche gli stranieri hanno venduto debito italiano (meno 37 miliardi). Indovinate chi ha sottoscritto titoli negli ultimi due anni? Le banche e il loro controllore (Banca d'Italia).
In venti mesi (quelli dei governi tecnici e della crisi) le istituzioni finanziarie italiane si sono appesantite di carta della Repubblica per la bellezza di 233 miliardi di euro. Portando il loro portafoglio in titoli di Stato da 554 miliardi (dicembre 2011) a 787 miliardi (settembre 2013).
La morale è molto semplice. Negli ultimi due anni la Repubblica italiana ha stretto un patto con il diavolo, e cioè con il sistema finanziario. Che ha comprato, nei momenti più duri della guerra finanziaria, i nuovi titoli emessi dal Tesoro e si è sostituito ai privati e agli stranieri che gettavano i Bot nel cestino.
Le scommesse sono dunque legate. Da una parte le banche hanno nei cassetti molti, troppi crediti farlocchi nei confronti delle imprese, dall'altra hanno, grazie ai loro ingenti prestiti fatti alla Repubblica italiana, una forza di persuasione notevole nei confronti della politica.

Dobbiamo augurarci che non ne abusino.

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