Aol vuole Yahoo! per rispondere a Google

A un mese dall’operazione da 12,5 miliardi di dollari Google-Motorola che ha sparigliato le carte della concorrenza sul mobile con Apple, si riaccende il risiko dei motori di ricerca. Il numero uno di Aol, Tim Armstrong, avrebbe infatti intenzione di fondere la sua società con Yahoo!. Da qui il mandato ad alcuni consulenti di esplorare le possibilità di mettere insieme i due gruppi Internet.
Aol ci aveva già provato nell’ottobre 2010, ma l’allora amministratore delegato di Yahoo!, Carol Bartz, aveva rifiutato le avance di Armstrong. Il 6 settembre scorso, però, la Bartz è stata licenziata e Armstrong è tornato alla carica. Secondo l’agenzia Bloomberg, il manager vorrebbe far comprare Aol da Yahoo! e restare al timone come amministratore delegato del nuovo colosso post fusione, per poi fare concorrenza a Google e Facebook. Altre fonti hanno invece spiegato che Armstrong rischia di presentarsi da solo davanti all’altare: Yahoo! non sarebbe interessata all’affare, vale in Borsa più di 18 miliardi di dollari, mentre Aol ne vale solo 1,6 e perde soldi, dopo essere stata uno dei pionieri di Internet con il nome di America Online. Ma anche Yahoo!, che negli anni ’90 era il più popolare motore di ricerca online e valeva 80 miliardi, ha perso posizioni dall’avvento di Google. E ha già rifiutato un’offerta nel 2008, quando Microsoft aveva messo sul piatto 44,6 miliardi di dollari per comprarla (sostenendo che la cifra non era adeguata all’effettivo valore dell’azienda). La vicenda dell’acquisizione andò avanti per quasi un anno portando a fortissimi contrasti all’interno del cda e a una notevole riduzione del valore delle azioni Yahoo! in Borsa. Alla fine Microsoft si tirò indietro e, dopo pesanti critiche, l’amministratore delegato di Yahoo!, Jerry Yang, decise di abbandonare il proprio incarico, cedendo la poltrona a Bartz.
Ora, lo stesso licenziamento-lampo della Bartz sarebbe stato deciso per tranquillizzare il board e gli azionisti, scontenti per gli scarsi risultati. Nell’ultimo periodo le prestazioni realizzate dalla società erano inferiori alle sue potenzialità: si stima che nei due anni e mezzo di gestione Bartz, il tempo mensile mediamente trascorso dagli utenti americani su Yahoo! sia diminuito di almeno un terzo. Le cose non sono andate meglio in Borsa, specialmente se confrontate con l’andamento di altri pacchetti azionari dell’indice tecnologico Nasdaq che sono progressivamente cresciuti negli ultimi due anni, crisi economica permettendo.
I risultati di alcune analisi pubblicati in un rapporto interno hanno dunque spinto i consiglieri a prendere l'iniziativa, sostituendo il loro ceo, colpevole di aver mancato la rivoluzione dei social media, ma anche la transizione verso il computing mobile. Già nei giorni scorsi un membro del board aveva confidato al Wall Street Journal che la società sarebbe disposta a essere acquisita da un buon offerente, ma che il primo obiettivo rimane quello di capire quale strategia seguire per il rilancio della società, e solo in un secondo momento si valuteranno le possibilità legate a una vendita. Secondo gli analisti, invece, Yahoo! sarà vendita prima ancora di annunciare un nuovo ceo permanente. Le strade da percorrere potrebbero essere: o una cessione dell’intera società, la dismissione delle attività asiatiche (le Internet company cinese e giapponese vanno bene) o, appunto, una fusione. Certo, Microsoft potrebbe anche tornare all’attacco.

Ma la pressante offerta avanzata nel 2008 a 33 dollari ad azione, respinta dal fondatore Yang, potrebbe ridursi a un’umiliazione ora che il titolo quota sotto i 14 dollari. Così, alla fine, potrebbe spuntarla Aol, anche se l’ex protagonista della disastrosa «fusione del secolo» con Time Warner oggi vale solo un decimo di Yahoo!.

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