
In un bunker sotterraneo sopravvive una famiglia. Fuori da questo spazio non c'è più nessuno. Il mondo si è esaurito. Sopravvive solo uno scampolo di umanità: una famiglia che ha ripristinato una sorta di ordine, una specie di quotidianità sottoterra. La madre (il premio Oscar Tilda Swinton, nella foto), il padre (il candidato all'Oscar Michael Shannon) e il figlio (George MacKay) vivono nel lusso tra i quadri di Claude Monet e John Singer Sargent, trascorrono le giornate aggrappati a un finto equilibrio, sono attori di una vita del tutto artificiale. Da tanti anni educati a una routine senza via di fuga.
In The end il mondo è finito. Il pericolo sarebbe stato fuori, gli altri sono la minaccia, dentro invece - nel salotto impreziosito dalle opere d'arte messo in scena dal regista Joshua Oppenheimer - tutto è perfetto. La famiglia è unita e regna l'amore. Un giorno però trovano il corpo di una donna rannicchiata a terra. Chi è? Questa donna deve andarsene. Accade qualcosa però. La famiglia ci ripensa e la invitano a restare. Nel musical post-apocalittico di Oppenheimer, il cataclisma è arrivato. L'umanità è estinta, ma non completamente. Il film ha un linguaggio variegato: inquietante e gioioso allo stesso tempo, le parti cantate si alternano alle immagini agghiaccianti. Il messaggio del film è chiaro: sappiamo che stiamo andando incontro alla fine, eppure non cambiamo rotta. Perché? Vi sarà capitato di sentire qualcuno dire: sopravvivranno solo i ricchi che potranno acquistare dei bunker prima dell'apocalisse. Qualcuno ha creato davvero questi posti. Il regista di The Look of Silence (con cui ha vinto il Gran Premio della Giuria a Venezia) ce lo rivela e ci costringe a confrontarci con le deformità che ci riguardano. Il regista chiaramente ironizza anche un po', ma è molto fermo su questo aspetto: "Questa non è una satira". Per Tilda Swinton è "una sfida fiabesca".
Ad evidenziare l'aspetto fiabesco è anche il grande lavoro fatto sulla scenografia, le scene si svolgono nella miniera di sale di Petralia Soprana in Sicilia. E tutto quel bianco dà un'idea di prosecuzione dello spazio che invece ha una sua spietata fine.