
Oggi, la dottoressa Ornella Vanoni ritira la laurea honoris causa, conferitale dalla università Statale di Milano, in «Musica, Culture, Media, Performance». Questa la motivazione del Dipartimento: «Voce unica e inconfondibile della musica italiana e figura di riferimento per generazioni di artisti, Ornella Vanoni incarna da oltre sei decenni una ricerca artistica e culturale in costante evoluzione, che ha attraversato generi diversi, capace di incidere profondamente sul panorama musicale italiano».
Non è solo un premio alla cantante. La Vanoni è stata anche attrice al Piccolo di Milano, dove è nata come artista. Esordì in Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello. Negli ultimi anni, è diventata anche un'ironica intrattenitrice a Chetempochefa, la trasmissione di Fabio Fazio nella quale è ospite fissa.
La Vanoni è uno dei simboli della Milano di Strehler e Gaber, di Jannacci e Carpi, del «Derby» e della Scala, delle antiche osterie, i «trani», e della nascente industria musicale italiana. Vanoni: «Giorgio ma quando la scrivi una canzone per me?». Gaber: «Ma no, Ornella, non ti ci vedo a cantare testi gramsciani...» (riferimento al geniale testo di Far finta di essere sani di Gaber stesso).
Milano era una città ancora indecisa se restare provincia o diventare metropoli. Nei «trani», frequentati con Strehler, si ascoltavano stornelli da ubriachi, canti da osteria. Nacque così l'idea di scrivere per la Vanoni un repertorio che fosse inedito ma sembrasse antico, che contenesse la fatica dopo una giornata di fabbrica. Si inventò la storia che in una casa di ringhiera erano stati rinvenuti alcuni manoscritti di canzoni della malavita. In realtà erano brani nuovi di zecca e firmati da geni come Strehler, Gino Negri e Fiorenzo Carpi. Tra i testi editi, c'erano due poesie di Pier Paolo Pasolini, una delle passioni della Vanoni. Le canzoni della mala furono il primo, grande successo. Nel frattempo la borghesia delle sciure malignava nei salotti meneghini. La coppia Vanoni-Strehler era un piccolo scandalo. Lei era molto più giovane. Lui era sposato.
Con il passare dei decenni, la vocazione di Milano si rivelò cosmopolita, e anche in questo Vanoni è una milanese perfetta: uno dei suoi più grandi successi fu il disco «brasiliano» inciso con Toquinho e Vinicius de Moraes. Ma la dottoressa ha collaborato anche con la crema del jazz italiano e no.
La Vanoni comunque è in piena attività. Da poco, ha licenziato il nuovo disco Diverse, nel quale rilegge i suoi successi con i suoni dei nuovi produttori e la partecipazione di «studentesse» come Elodie. In libreria trovate invece, fresco di stampa, il memoir Vincente o perdente, scritto con Francesco Pacifico ed edito dalla Nave di Teseo. Domani è attesa sul palco del Volvo Studio di Milano proprio con Pacifico per una serata di parole e musica nell'ambito della Milanesiana, la rassegna ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi.
Dunque Milano si è ricordata della sua grande voce. Lei, la dottoressa Vanoni, scrive in Vincente o perdente: «Devo dire che... a volte penso mi piacerebbe avere uno spazietto a me intitolato a Milano, un luogo di cultura con il mio nome nell'insegna. Sotto quell'insegna immagino i ragazzi darsi appuntamento, li vedo che ripassano la parte, che si corteggiano, che si trattengono a discutere dopo la lezione o la rappresentazione.
Ma, ahimè, tutti gli spazi culturali di questa mia amata città, sono stati già intitolati. E meritoriamente!». Conclusione ironica: «Non resta più niente per me. Speriamo mi dedichino almeno un'aiuola». Sarebbe meglio un giardino intero, come quello intestato a Oriana Fallaci, in via Quadronno.