«Le archistar possono attendere»

Qualche settimana fa avevamo fatto un primo tour cittadino con Fabio Rampelli, architetto, parlamentare del Pdl, membro della Commissione Cultura alla Camera, per verificare in che condizioni è stata lasciata dopo 15 anni di centrosinistra Roma città d’arte e cultura. Ecco un secondo giro.
Rampelli, il Pantheon, il Parco di Colle Oppio, il Parco degli Acquedotti affogano nell’abbandono. Come si spiega un tale degrado?
«È figlio della mentalità provinciale di Rutelli e Veltroni. Decine di città al mondo si inventano architetture contemporanee o fintamente antiche perché hanno una storia breve. Noi invece dovremmo restaurare il Colosseo, rendere visitabili le Mura aureliane, riportare alla luce l’antico Porto di Ripetta. Calatrava, Meier e Fuksas possono aspettare».
Come va il rifacimento di piazza Augusto Imperatore? Si rischia di fare il bis della teca di Meier?
«Il problema non è Meier, ma la collocazione dell’Ara Pacis. Uno dei progetti culturali più importanti di cui Roma deve dotarsi è la riscoperta del porto antico di Ripetta. Quest’operazione urbanistica attirerebbe milioni di turisti. Permetterebbe di ricollegare Roma al suo fiume attraverso piazza Augusto Imperatore, coinvolgendo una meravigliosa opera d’arte come il Mausoleo di Augusto».
Che oggi è ridotto a immondezzaio...
«È quel che accade se le archistar pensano alle luci della ribalta invece che alla manutenzione dei monumenti».
A Roma camion-bar e moto-chioschi stazionano tutto il giorno davanti ai monumenti. Succede anche in altre capitali europee?
«All’estero c’è una regolamentazione che ne limita il numero. A Roma questi camioncini sono esteticamente brutti e oggettivamente troppi».
Con il centrodestra, in compenso, il sampietrino, uno dei simboli di Roma, sarà finalmente valorizzato...
«An ha fatto una battaglia lunga 15 anni per il sampietrino. Siamo particolarmente soddisfatti di avere sconfitto il progetto Veltroni di asfaltare via Nazionale. Il sampietrino dura cento volte più dell’asfalto e assorbe meglio le vibrazioni. Ma bisogna metterlo a regola d’arte, per questo dobbiamo recuperare un vecchio progetto di una scuola per selciaroli».
Anche Rutelli e Veltroni hanno cercato di dare un’identità a Roma. Con gli ascensori al Vittoriano.
«Uno scempio. Per i turisti bastavano due ascensori interni, o uno esterno ma salvaguardando i caratteri stilistici del Vittoriano. Invece niente. Da piazza Venezia si vede una gabbia di cemento e vetro, dal punto di vista architettonico è devastante. Spero che si traducano in fatti le intenzioni di smantellare almeno l’ultimo piano, una sorta di rampa missilistica».
Su Zètema, l’azienda capitolina che opera nel settore cultura e che è partecipata al 100 per cento dal Comune, lei ha presentato un’interrogazione. Perché?
«Zètema deve avere una funzione di indirizzo, consentire al mercato di tornare protagonista delle politiche culturali. Non deve più essere un monopolio che schiaccia tutto quello che dal punto vista culturale, museale e archeologico si muove a Roma».


Che intende per mercato?
«Vuol dire bandi pubblici, concorrenza tra associazioni e liberi professionisti che lavorano in campo culturale. Guide, restauratori, storici dell’arte. Tutto un mondo che improvvisamente è stato sindacalizzato. Anzi peggio, trasformato in un mondo di lavoratori dipendenti. A volte, ridotti a precari a 5-600 euro al mese».

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