«Con tutto quello che guadagnano, parlano anche di motivazioni: ma pensino a lavorare e giocare». E quanto frulla nellimmaginario collettivo dei tifosi che considerano i calciatori simili a tecnologici robottini, impreziositi da chip e software, più che a esseri umani con il loro groviglio di pensieri, problemi, considerazioni. Sbagliato. Lo testimoniano Gilardino e Amauri che hanno ritrovato il gusto di giocare e sorridere non appena hanno indossato una nuova maglia. Per entrambi Firenze ha fatto da stazione: di partenza in un caso, darrivo nellaltro. E i risultati sono evidenti. Alla faccia di quanti pensano che i giocatori siano sensibili soltanto al dio denaro e che non si preoccupino di altro. Altrimenti i due non avrebbero cercato di cambiare aria, ma avrebbero fatto buon viso a cattivo gioco.
E curiosa in particolare la storia di Amauri, finito nella soffitta della Juventus a dispetto dun ingaggio stratosferico, pari a 3,5 milioni netti a stagione: in panchina con Delneri, a casina sua con Conte. Sarà per letà, a giugno compie 32 anni, sarà per il carattere, sarà per i capelli lunghi, lanno scorso sè dovuto accontentare di salvare il Parma segnando 7 gol in 11 partite, questanno è rimasto ad allenarsi in solitudine a Vinovo prima di trovare un approdo a Firenze. Al debutto ha entusiasmato i nuovi tifosi che hanno visto in lui quella voglia di battersi assente in molti suoi compagni. Poteva stare in campo solo per un tempo, cè rimasto fino quasi allultimo. Il tecnico Rossi glielaveva detto: «Gioca quanto ti senti, ma gioca da leone». E lui lha fatto per 87 minuti. Con un pizzico di fortuna avrebbe anche segnato, splendido in particolare un tentativo in rovesciata. Natali glielavrebbe regalato di cuore il gol del raddoppio, e in campo lha anche fatto a gesti e a parole «è tuo, è tuo», se non avesse dovuto confrontarsi con le immagini televisive. Lappuntamento è solo rimandato.
E tornato invece al gol Gilardino che a Genova, sponda rossoblù, ha ritrovato lantico e magico feeling con il pallone, quello che aveva perso a Firenze. Lui ci sarebbe rimasto volentieri, ma dello stesso parere non erano i dirigenti. La convivenza sera fatta difficile. E nella sua testa sera insinuato il tarlo dellingratitudine dopo tutte le partite disputate in viola con una caviglia in fiamme. Inevitabile la separazione consensuale. «Meglio così», ha affermato lAlberto che ci tiene a giocare, e anche bene, per convincere Prandelli a riportarlo in nazionale. Gli Europei sono alle porte, e quello è il suo obiettivo.
Che il cambiamento daria faccia bene, lo raccontano anche le prestazioni di Viviano, Caracciolo, Sculli, gli altri signori rieccoli.
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