Arriva la rottamazione per il tessile Incentivi per 500 milioni di euro

Arrivano gli incentivi per il tessile: una boccata d’aria per un settore duramente colpito dalla crisi, ma impegnato a uscirne, con «orgoglio e ambizione». Queste le parole d’ordine con cui si è aperta ieri la X edizione di Milano Unica, il salone italiano che presenta l’eccellenza del tessuto made in Italy. Ovvero, la materia prima degli stilisti: inevitabile, quindi, che sotto i padiglioni di Fieramilanocity risuonino gli echi delle polemiche sul calendario delle sfilate milanesi, sacrificato alle esigenze della stampa americana. Tanto da meritare una battuta anche da parte del viceministro allo Sviluppo economico, Adolfo Urso, che ha tagliato il nastro della manifestazione: «Io credo che vi sia stata una risposta troppo timida - ha commentato - ma vedo finalmente proprio in queste ore che c’è stato uno scatto d’orgoglio».
Ma dal rappresentante del governo gli imprenditori del settore si aspettano ben altro: e Urso non delude le attese. «Al Ministero dello Sviluppo economico - spiega - stiamo definendo, con il ministro Scajola, quali settori del made in Italy saranno destinati alla seconda tranche di incentivi, e tra questi certamente il settore tessile, cuore del sistema produttivo del made in Italy. Che ovviamente è molto diverso da quello delle auto e degli elettrodomestici, cui sono state destinate le principali risorse dello scorso anno, dove intervenire è più semplice, perché il prodotto è ben identificato, addirittura immatricolato, nel caso dell’auto. Quindi si tratterà probabilmente di incentivi alla rottamazione nel comparto dei prodotti per la filiera turistico-alberghiera, proprio perché è più facile da configurare. Nel complesso credo si stia parlando di 500 milioni di euro».
Ma gli incentivi non sono l’unico sostegno che il tessile italiano si attende dalla politica. È ancora ferma al Senato, infatti, la proposta di legge sull’etichettatura obbligatoria a tutela dei prodotti italiani, approvata all’unanimità lo scorso dicembre a Montecitorio, e ispirata dagli ormai famosi «contadini del tessile», il movimento di piccoli e medi imprenditori nato spontaneamente e in continua crescita anche in altri settori produttivi. Santo Versace (Pdl) - firmatario del provvedimento assieme a Marco Reguzzoni, della Lega Nord - l’ha difeso appassionatamente, a nome degli imprenditori che, a prezzo di sacrifici, hanno mantenuto in Italia tutte le fasi della produzione e quindi hanno diritto a distinguersi con un’etichetta ben precisa. «Serve una legge chiara», ha affermato, «dove il cliente finale sappia quello che compra».
E qui si è aperta una, sia pur garbata, polemica con Urso, che alla Camera si è astenuto dal voto sul provvedimento, a nome del governo, e ne ha spiegato le ragioni. «La legislazione sull’etichettatura è di competenza europea, diversamente da quella sui marchi: quindi se anche la legge passasse, qualsiasi impresa che facesse ricorso alla Corte di giustizia europea, potrebbe di fatto bloccarla», ha spiegato il viceministro. A suo giudizio, è più importante battersi perché la tutela del made in Italy sia realizzata a livello europeo. Versace però insiste: «Lo sappiamo anche noi che il problema non può essere solo italiano, ma appunto dobbiamo dare un segnale forte all’Europa, un segnale politico».


Intanto, il settore tira le somme dell’annus horribilis - secondo il centro studi di Sistema moda Italia (Smi), il fatturato ha registrato un calo senza precedenti, addirittura al 22,5% - e guarda al futuro, forte di un saldo della bilancia commerciale positivo per oltre 2 miliardi, in controtendenza con quelli pesantemente negativi di tutta Europa.

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