I molti suoi detrattori lo hanno chiamato «Frankenfish». Sostengono che è in grado di rilasciare veleni nei nostri piatti e di rovinare lambiente. Chi lo sostiene, controbatte che potrebbe sfamare il mondo e addirittura preservare lambiente marino.
Ne scrive in prima pagina lIndependent che dedica largo spazio a questo gigantesco salmone dellAtlantico geneticamente modificato. Nel vederlo fotografato accanto al suo «normale» cugino, in effetti ha qualcosa di alieno, di preoccupante. Cresce almeno due volte più velocemente di un comune salmone e per questo è stato programmato in laboratorio implementando i suoi geni con il DNA preso da due altri pesci, il Chinook (un salmone che vive nel Pacifico) e una sorta di grosso pesce gatto americano (Zoarces americanus). Questa congiunzione genetica fa sì che lormone somatotropo (ormone della crescita) «metta il turbo» facendo aumentare di peso e di dimensioni il Frankenfish in modo abnorme, durante tutto l'anno.
La AquaBounty Technologies del Massachussets, che detiene il «brevetto» del salmone gigante spera, dopo anni di risse legislative, che la FDA il potente organo di controllo sanitario americano, dia il via libera alla commercializzazione delle uova e della carne di salmone geneticamente modificato. E in effetti, fonti vicine alla dirigenza dellente nazionale, hanno fatto filtrare la voce che lFDA sarebbe ben disposta a soddisfare le richieste della compagnia, dopo avere costatato che ci sarebbero pochi rischi per la salute umana. Il dovizioso uso di condizionali però fa anche intuire che la decisione potrebbe slittare di qualche mese e non essere poi così vicina.
Per quanto riguarda i pericoli ambientali, la AquaBounty afferma che sono inesistenti, perché il salmone gigante viene allevato allinterno di vasche stagne. Qualora poi, qualche esemplare dovesse guadagnare il mare aperto, le sue uova sono programmate per schiudersi allinterno di esemplari di femmine sterili. Non vi sarebbe dunque alcuna possibilità di riproduzione interrazziale.
Alle affermazioni ovviamente ottimistiche della compagnia si oppongono duramente 31 gruppi di ambientalisti che credono nel potenziale pericolo che il Frankenfish costituisce per luomo e nel fatto che si tratti di un esperimento crudele, in grado di provocare dolore e profondo disagio a un animale obbligato a crescere smisuratamente su uno scheletro che non riesce a fare da «impalcatura».
Gli ambientalisti però vedono la battaglia ormai persa e si cautelano almeno dietro una certosina etichettatura. «Se dovesse essere commercializzato» afferma Michael Hansen, dirigente scientifico della Consumer Union «letichetta non deve lasciare ombra di dubbio su chi lo vuole acquistare. Solo così si potrà provare sul campo se effettivamente non è di nocumento per la salute umana».
LFDA si fa forte del fatto che esiste già in commercio carne di bovino, suino e ovino clonati e che, fino ad oggi, non c'è alcuna evidenza di danni alla salute umana e neanche di maggiori reazioni allergiche. Daltra parte i detrattori del Frankenfish ricordano allFDA il «maiale di Beltsville», prodotto nel 1980 dal ministero dell'agricoltura inserendo nel DNA dei maiali l'ormone della crescita.
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