Politica

Arriva la versione araba di «Don Gius»

Al Meeting la traduzione dell’opera principale del sacerdote di Desio. L’autore: «Così Giussani parlerà anche al mondo musulmano»

nostro inviato a Rimini
L’impresa è di quelle difficili, delicate, scivolose. Una missione quasi impossibile: tradurre gli scritti di Don Giussani in lingua araba e pubblicarli laddove ce ne sia richiesta. Eppure, dopo molti tentativi andati a vuoto, questa piccola e coraggiosa mossa controvento è andata a segno. E ora la traduzione in arabo de Il senso religioso è cosa fatta. È il volume forse più noto del fondatore di Comunione e liberazione e rappresenta uno dei cardini della filosofia del movimento, oltre ad essere il primo volume del «PerCorso» che espone il contenuto dei corsi tenuti da Giussani in oltre 40 anni di insegnamento. La traduzione in arabo sarà presentata giovedì al Meeting. Ma tra i corridoi della Fiera si muove già con la sua mole e la sua contagiosa simpatia uno dei tre autori dell’impresa: Sobhy Makhoul, diacono cattolico maronita.
«È da quando ho conosciuto il movimento che quest’idea accarezza la mia mente. Percepivo l’importanza di questa traduzione a favore di tutti i cristiani d'Oriente. Ma i tentativi si incagliavano attorno al terzo-quarto capitolo». «Due anni fa sono ripartito e ho deciso di tentare una traduzione corale» continua Makhoul. «Ci siamo messi al lavoro con Camille Eid e Sanaa Fadil. Era stimolante provare a entrare nel linguaggio ostico di “Don Gius” mettendo insieme un israeliano, un libanese e una irachena. Il tutto con la supervisione di Don Ambrogio Pisoni». La sfida per i tre traduttori era soprattutto una: rendere accessibile al mondo arabo l’universo giussaniano, fornendo chiavi d’accesso che non snaturassero il messaggio del sacerdote di Desio. Ma il desiderio di raggiungere l’obiettivo finale ha avuto la meglio sulle difficoltà. «Ci sono molti perché per un’opera di questo tipo» spiega Makhoul. «C’è la necessità di noi arabi-ciellini di coinvolgere gli arabi-cristiani nelle scuole di comunità. Il senso religioso, d’altra parte, può essere letto da qualsiasi uomo di qualunque religione e diventare strumento di confronto con gli altri. E può diventare anche un fantastico strumento per gli emigrati arabi che vivono qui in Italia. Infine c’è il desiderio di far conoscere un’esperienza come quella di Cielle che non esclude nessuno. Tutti devono rendersi conto che Cielle può diventare una carta vincente per un dialogo tra civiltà basato sulla ragione e sul confronto».
È grazie a questo entusiasmo che Makhoul - che si appresta alla traduzione di altri due libri di Giussani - ha superato le difficoltà legate alla stampa del volume, inizialmente prevista in una tipografia libanese e poi bloccata per lo scoppio della guerra. Il desiderio di Cielle di dialogare con il mondo arabo, d’altra parte, non è certo una novità. Anzi tutto il Meeting è segnato dal dialogo interetnico e interreligioso. Non è un caso che dopo la morte di Don Giussani sia stato prodotto, tra i tanti ultimi saluti al fondatore, anche un santino in arabo. C’era il volto del «don» e sotto - scritta nera su fondo bianco - negli inconfondibili caratteri scritti da destra a sinistra, poche righe: «Nella semplicità del mio cuore lietamente ti ho dato tutto». Una preghiera della liturgia ambrosiana, spesso citata da don Giussani nei suoi incontri. E un piccolo segno rivolto a un mondo apparentemente lontano. Un messaggio di pace.

Cattolico sì, ma universale.

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