Roma Il governo trova la quadra sulla legge di stabilità (l’ex finanziaria), che ieri è stata approvata dopo un consiglio dei ministri movimentato e difficile. E ora si prepara al decreto sviluppo, lavorando perché non sia a costo zero. Le misure per la crescita, in altre parole, saranno finanziate con nuove risorse e ci saranno margini per interventi più ampi. Ancora tutte da definire le misure che serviranno a fare cassa per finanziare le politiche pro sviluppo, ma accanto alle ipotesi già circolate in questi giorni (compresi contributi su alcuni redditi e sanatorie), i tecnici stanno ragionando sulle concessioni dello Stato (dalle spiagge alle autostrade fino alle reti dell’energia) i cui tempi potrebbero essere allungati. Poi cartolarizzazioni e un accordo con la Svizzera sui capitali italiani seguendo l’esempio tedesco e inglese.
Il capitolo sviluppo è comunque aperto, anche perché ieri il governo è stato impegnato con la Legge di stabilità. Il consiglio dei ministri ha approvato il Ddl, che contiene i tagli ai ministeri previsti dalle manovre estive. È stata trovata una intesa politica complessiva su riduzioni meno drastiche rispetto alle previsioni e, in alcuni casi come la scuola e il Welfare, sono state trovate nuove risorse.
Accordi con il ministero dell’Economia anche con i dicasteri più esposti alla scure della manovra. Stefania Prestigiacomo aveva minacciato di non votare il Ddl e ieri uno dei momenti di massima tensione è stato proprio il confronto tra Giulio Tremonti e il ministro dell’ambiente, che ha anche lasciato in lacrime la sala del consiglio. Alla fine Prestigiacomo ha ottenuto il reintegro di 300 milioni di euro. Il Bilancio dell’Ambiente torna quindi a 1,6 rispetto agli 1,3 della bozza. Un taglio che avrebbero compromesso il lavoro del dicastero riducendo le risorse operative (cioè quelle che servono ad attuare le politiche per l’ambiente vere e proprie) a circa 100 milioni. In parte, le risorse vengono dai fondi per la banda larga e poi da fondi europei. Reintrodotti anche 500 milioni per il dissesto idrogeologico.
Confermati i sacrifici per il ministero dello Sviluppo.
L’altro momento difficile del consiglio dei ministri è stato proprio quando sono stati affrontati i tagli al dicastero guidato da Paolo Romani. Il nodo della banda larga è stato risolto, anche se i tagli restano. I proventi extra delle aste per le frequenze del digitale andranno per metà alla riduzione del debito pubblico e per l’altra metà a finanziare altri dicasteri. In tutto sono 1,6 miliardi. Di questi, 800 milioni dovevano servire a realizzare la banda larga (cioè l’infrastruttura più avanzata per la trasmissione dati) in tutto il Paese. Romani ha ottenuto che a finanziarla sia la Cassa depositi e prestiti, con il concorso dei privati; secondo una modalità già sperimentata a Milano con Metroweb.
C’era poi un capitolo caro alle imprese, quello del fondo di garanzia. I tagli, che nella bozza erano sopra quota 300 milioni di euro, sono stati ridotti a 150 milioni. Il fondo serve alle piccole e medie imprese come garanzia per avere accesso al credito. Recuperati anche 500 milioni dei contratti di programma.
L’altro grande capitolo era quello delle infrastrutture. La sforbiciata di 3,8 miliardi è stata ridotta a 500 milioni. Uno sconto ottenuto a spese di fondi regionali (Par) che erano congelati. Una partita di giro che permetterà al dicastero di Altero Matteoli di non chiudere i cantieri già avviati per carenza di liquidità.
Nessun sacrificio per i ministeri del Welfare (1,8 milioni per ammortizzatori e contrattazione aziendale), della Cultura e dell’istruzione. In aggiunta al bilancio 2012, sono stati stanziati 400 milioni per l’università, a questi si aggiungono 150 milioni per le borse di studio e 242 milioni per le scuole paritarie. Dimezzato il taglio per il comparto sicurezza che si aggirava sui 550 milioni; quello alla difesa è stato ridotto da 1,4 miliardi a circa un miliardo.
In generale, le risorse sono state trovate con operazioni di cesello (ma sarebbe stato anche intaccato il cosiddetto «fondo Letta» presso la Presidenza del Consiglio). Tra queste alcune contenute nelle bozze hanno suscitato proteste, ad esempio quella che limita i ticket pasto degli statali a chi lavora più di otto ore.
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