
Napoli, primi anni Sessanta. Un set nel cuore dei Quartieri Spagnoli, zona dove il concetto di “silenzio” è sfuggente, quasi un'utopia. Qui si vive intensamente tra panni stesi, sferragliamenti vari e bambini che urlano senza soluzione di continuità. Tocca a un totem della cinematografia italiana prendere la parola, Vittorio De Sica, il quale deve girare una scena di "Matrimonio all’italiana". Accanto a lui, due mostri sacri: Sophia Loren e Marcello Mastroianni. L’immenso cineasta gonfia il petto e grida un appello alla città del sole: servono pochi istanti di silenzio. L’esito è sorprendente.
Problema: serve silenzio
De Sica si arrampica su una scaletta, prende in mano un megafono e si rivolge direttamente alla folla. Con voce ferma ma gentile, esclama: “Signori cari, sono Vittorio De Sica. Stiamo girando una scena con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Avrei bisogno di due minuti di silenzio”. All’improvviso cala il silenzio. Quello vero, quasi tombale. Non si muove una foglia, sembra irreale. Si percepisce soltanto il ronzio della cinepresa. La scena si gira in un’unica, perfetta ripresa. Poi, altro colpo da maestro: “Grazie!”. E la folla, in coro: “Preeeego!”.
Christian De Sica, che questo aneddoto lo ha spesso raccontato con gli occhi lucidi e il sorriso largo, ha spiegato che quello fu uno dei momenti più incredibili vissuti con suo padre. Non per la regia, non per il film, ma per quella complicità misteriosa che si realizza soltanto quando c’è rispetto autentico. Vittorio De Sica, nativo di Sora – in provincia di Frosinone -, a Napoli era di casa. Partenope gli aveva donato il cuore per custodirlo sempre.
Un signore, a tutto tondo
Dunque, perché la città si era inchinata all’appello di De Sica? Poiché egli non era un regista qualsiasi, era il “signore del cinema”, con quella voce che sapeva essere calda e perentoria, e uno sguardo da inguaribile romantico che bucava lo schermo senza alcuna fatica. Chiedere un po’ di pace fu semplice. Non succede spesso. Questo significa che c’era un legame autentico, tra chi racconta la città e chi ha l’orgoglio di farne parte. Il risultato fu una scena perfetta e una città che decise di tacere senza esitare. Anche perché ritrovarsi sul grande schermo, all’interno di una pellicola firmata da un registra di questo calibro, è un’eccellente moneta di scambio.

De Sica e la sua eredità nel tempo
Oggi, a distanza di oltre sessant’anni, quell’episodio resta emblematico. Il silenzio durò appena due minuti, ma raccontò di più: della capacità del cinema di coinvolgere una comunità. Del legame tra un uomo e una città. Di quanto basti un gesto per trasformare una calle caotica in un set perfetto.
De Sica non aveva bisogno di urla, né di imposizioni. Parlava con la sua storia, con il suo cinema. E Napoli rispondeva con rispetto e gratitudine. Come se la città intera fosse una comparsa invisibile, pronta a entrare in scena, anche solo con il silenzio.