La Lombardia fa da sé. E anticipa la modifica dell’articolo 18 sul lavoro a suo modo. Provocando una marea di polemiche che potrebbero anche sfociare in scioperi e agitazioni sindacali. «Già, ma i consensi sono molti di più» taglia corto il presidente lombardo Roberto Formigoni.
Oggi la giunta regionale, riunita in una seduta straordinaria, approverà la legge sullo sviluppo delle Regione Lombardia. Che contiene anche misure speciali dedicate ai lavoratori e al loro rapporto con le aziende. Un’interpretazione «made in Lombardia» dell’articolo 18. Di fatto, è previsto un accordo secondo cui se il lavoratore si impegna a non fare causa, l’impresa gli assicura una buonuscita secondo criteri patteggiati da subito. In più la Regione si impegna a promuovere strumenti per velocizzare e facilitare la ricollocazione del lavoratore licenziato. «La legge - spiega Formigoni - va nella direzione di permettere la creazione di nuovi posti di lavoro, di dare una spinta all’economia, di dare una smossa a un mercato del lavoro troppo ingessato che sta impedendo ai giovani di avere un’occupazione senza dare vantaggi a chi un’occupazione ce l’ha».
L’obbiettivo è quindi quello di coniugare flessibilità e sicurezza: così viene riletto l’articolo 18 anticipando qualsiasi riforma del governo Monti. «Non lasceremo più solo il lavoratore - spiega l’assessore lombardo al Lavoro, Gianni Rossoni - ma lo vogliamo accompagnare in un nuovo percorso di ricollocamento. Finora invece, dopo cassa integrazione e mobilità, è stato abbandonato a se stesso. Quando per l’azienda non c’è altra via che l’esubero, interveniamo per evitare la disoccupazione. Questa è la vera flessibilità».
La novità però non piace né al Comune di Milano né ai sindacati. «La Regione «illude i licenziati a presunte nuove assunzioni abolendo l’articolo 18 con un’idea falsa e fallimentare» accusa il segretario generale della Fiom Lombardia, Mirco Rota. Secondo il sindacalista «i posti di lavoro si creano solo con politiche attive per la crescita e lo sviluppo e sorprende che una delle regioni più ricche d’Italia sia disposta a trattare peggio i suoi lavoratori». Per questo motivo la Fiom Cgil Lombardia, annuncia Rota, è pronta a manifestare e a indire agitazioni.
Anche il Comune di Milano storce il naso. Il sindaco Giuliano Pisapia preferisce non entrare nel merito della legge regionale ma mette ben in chiaro che «un conto sono i rapporti istituzionali, che devono essere corretti e leali in previsione di obbiettivi comuni (come Expo), un altro è il confronto politico. Ed è evidente che c’è una forte differenza tra la politica del Comune e quella della Regione».
Si sbilancia un po’ di più l’assessore comunale al Lavoro Cristina Tajani: «L’anticipazione della Regione è inopportuna - è lapidaria - il Comune non può essere d’accordo. C’è un tavolo nazionale con i sindacati e le altre rappresentanze su questi temi».
Walter Galbusera (Uil Lombardia) si limita a una considerazione per sintetizzare la sua posizione nei confronti della legge lombarda: «è come guardare il dito che indica la luna e non la luna. Abbiamo perso di vista il tema principale, che è la riduzione della crescita della precarietà».
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