Ascoli, Melania massacrata nel bosco dal killer Ma l'assassino ha lasciato anche le sue tracce

Trovato un orecchino della vittima e segni di colluttazione La donna ha tentato di difendersi. Si indaga nella vita privata. Ma dopo le nuove scoperte i pm bloccano l'autopsia. Serviranno nuovi esami sul corpo

Ascoli, Melania massacrata nel bosco dal killer  
Ma l'assassino ha lasciato anche le sue tracce

Cambiano le prospettive, si accorcia la forbice sull’orario della morte e si aprono nuovi scenari. La matassa da dipanare per dare un volto e un nome all’assassino di Carmela Rea - la ventinovennne sparita davanti al marito in un parco giochi di montagna e ritrovata il giorno dopo massacrata a 18 chilometri di distanza - presenta più di un bandolo. E somiglia sempre più a un puzzle. In cui inserire i tasselli al giusto posto. Ci vorrà un po’ di tempo, ma l’impresa non è disperata.

Lo confermano le parole del comandante provinciale dei carabinieri di Ascoli Piceno, Alessandro Patrizio. «Oggi abbiamo in mano elementi nuovi e importanti ai fini dell’indagine, ma stiamo ancora indagando in ogni direzione, dagli ambienti di lavoro alle origini familiari, dai vicini di casa a internet. Non c’è ancora un’ipotesi prevalente sulle altre».

Ieri i militari, accompagnati da un cane «speciale», Atos pastore belga malinoire della Guardia di finanza-sono tornati sul luoghi del crimine. In quel boschetto delle Casermette, frequentato dai soldati che si allenano al tiro, in quel di Ripe di Civitella, nel Teramano. Qui, quattro giorni fa, un cercatore di funghi aveva scorto il cadavere di Melania, soprannome vezzoso scelto da Carmela. Picchiata, massacrata con 35 coltellate, il cadavere seminudo oltraggiato. Persino inciso con una svastica e una croce celtica. Opera di un maniaco o un tentativo di depistaggio? Oppure entrambe le cose?
Si pensava che l’assassino avesse ammazzato la giovane mamma in un altro posto e lì poi solo abbandonata. Invece no. Probabilmente la tragedia si è consumata proprio in quella pineta, tra urla, fughe disperate con un killer che menava fendenti e lei, impotente, che cercava scampo. Tentando anche di difendersi, dicono gli investigatori. Sarebbe stata uccisa tre-sei ore al massimo dopo la scomparsa, la moglie del soldato Salvatore Parolisi, caporalmaggiore reduce dall’Afghanistan e ora istruttore nella caserma Clementi di Ascoli. Un centro in qualche modo sui generis: qui si addestrano donne volontarie in ferma breve. Ogni tre mesi ne escono 400. Pronte a tutto, sotto cipria e belletto. Porta anche qua la strada per trovare l’omicida.

Nel frattempo Atos, seguendo e scavando tra rovi e cespugli ha fatto il suo dovere. Ha trovato altre tracce di sangue, soprattutto un orecchino che dovrebbe appartenere alla vittima, a qualche decina di metri dal punto in cui è stato poi rinvenuto il cadavere. C’è un chiosco in legno vicino, aperto per i turisti nei festivi. Gli uomini del Ris avrebbero individuato almeno un paio di scalfitture particolari, forse dei tagli provocati da qualche coltellata schivata dalla vittima.
Così l’intera area del bosco stata posta sotto sequestro. Mentre in serata si accendevano le fotoelettriche. Per continuare a cercare. Per trovare la traccia definitiva, quella che potrebbe incastrare l’omicida.
Stavolta gli investigatori sembrano avere più di un asso nella manica da giocare. C’è il telefono della vittima, i suoi oggetti personali, i tabulati da incrociare, la testimonianza del marito, i racconti dei famigliari, da una parte e dall’altra, tutti piovuti dal Napoletano qui ad Ascoli per trovare risposte.

Nella zona del massacro i cellulari si agganciano a una sola cella telefonica. Copre un’area vasta ma li potrebbe esserci segnato il numero del killer.

Nel frattempo le Procure di Ascoli e Teramo hanno negato il nulla osta per il funerale. Le nuove tracce impongono altri esami.

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