Asia Argento: "Con mio marito ora faccio un film"

L’attrice prepara la sua terza pellicola da regista, tratta da un romanzo giapponese fitto di intrighi coniugali: "Lavoriamo quando i bambini dormono, è così comodo..."

Asia Argento: "Con mio marito ora faccio un film"

Poltu Quatu (Sassari) - «Nessuno è un santo», dice Asia Argento, che di materia trasgressiva s’intende. E inquadra il suo prossimo film, Il fucile da caccia, scritto insieme al marito Michele Civetta («è anche comodo avere i cervelli collegati a qualsiasi ora, senza dover telefonare per comunicare le idee») sullo sfondo dei vicendevoli ricatti dei quali l’universo mondo sta grondando. Inganni, tradimenti, ritorsioni silenti, competizioni sessuali torcono come un boa la storia di un uomo affascinante e molto ricco («sarà un attore coreano, carismatico e sensuale»), circondato da tre donne, pronte a stringerlo nell’angolino del lusso, soffocandolo, pian piano, tra le lenzuola. Una storia già narrata nel 1949 nell’omonimo romanzo dal poeta e critico d’arte giapponese Inoue Yasushi, Adelphi edizioni, dal quale è tratto il film.

Indecisa se indossare un abito profondamente rosso («omaggio a mio padre») o decisamente nero, prima di ricevere a Poltu Quatu il premio Rodolfo Valentino alla carriera, la signora Civetta è al terzo film da regista, mentre la figlia Anna Lou, 12 anni, sta per andare in terza media e l’ultimogenito Nicola impara a camminare.

La sua storia viene da lontano ma è anche qualcosa di attuale, ora che la scena pubblica è dominata da belle signore gonfie di risentimento e uomini potenti sotto lo schiaffo dei sensi?
«Sì, potrebbe anche essere la vicenda di Berlusconi e Veronica. Ma l’impossibilità di comunicare è tipica di queste donne sposate, che sognano un uomo come un vaso giapponese. Lo si può adorare, guardare da angolazioni diverse. Senza mai capirlo».

Torna alla regia con «Il fucile da caccia». È il film della maturità, dopo aver trovato nuovi equilibri sentimentali e artistici?
«È così. Ma mi riservo anche il ruolo della trentacinquenne Esther, una seducente moglie palestrata, tipica di oggi. Un’esponente dell’alta borghesia occidentale, che sa d’essere ingannata e perciò inganna il marito, un collezionista d’arte dall’ingente patrimonio, il quale coltiva una passione con la cugina di lei, donna più sensuale e inarrivabile. Le altre due donne che amano e odiano lo stesso uomo, in un’ambientazione familiare, saranno attrici non italiane. Penso a un film internazionale, prodotto da Alberto Luna».

Qualche riferimento alla contemporaneità?
«Potrebbe essere. Ma si tratta di un tema comunque attuale. Se nel 1949 era difficile raccontare la perversione femminile, oggi nonostante esista il divorzio, molte donne si tengono il marito come schermo. Per restituire la pariglia. Sarà un film molto “giapponese”, rarefatto, un po’ alla Rashomon. La mia Esther si tiene il suo uomo come un vaso giapponese: lo adora, lo osserva, ma non lo capisce».

Lo dice da donna sposata o da regista?
«Con mio marito per fortuna c’è un’intesa perfetta. Sapevamo che scrivere insieme un film sarebbe stata una felice sorpresa: ne abbiamo avuto la prova. Lavoriamo negli orari in cui i bambini dormono e abbiamo lo stesso approccio ai temi. Parlo da conoscitrice di anime. Tutti si possono riconoscere in questa storia. Dove regna la consapevolezza che ogni essere è abitato da una vita segreta, nella quale ogni passione si consuma».

Un tempo si diceva «il privato è politico». È d’accordo con questo assioma della sinistra anni Settanta?
«Nel nostro Paese c’è mancanza di pudore. Ma anche tanta ipocrisia. E tutto viene riportato a un livello terra terra. Magari non è affascinante venire a sapere i fatti privati dei politici, che del resto a me personalmente non interessano. Ma nessuno è un santo. E nessuno sa che cosa si nasconda, dietro le apparenze. Dico soltanto: meno male che viviamo in un Paese meno moralista dell’America».

Anche lei nella sua prima fase giovanile ha molto esposto il suo lato scandalistico...
«Ma chissà se quella era la mia vita reale, o uno schermo? Anch’io ho “abboccato” alla mia stessa trasgressione, per proteggermi. Tutto è indecifrabile nella vita. Come nel mio film. Chi sono, veramente, queste persone in camera da letto?».

Da donna di cinema, guarda alla tv con scetticismo o curiosità?
«Con scetticismo. In realtà tutto è reality, tutti recitano. E la gente vuole avere un sogno. In tv guardo solo il telegiornale».
Come Quentin Tarantino, vede ogni giorno molti vecchi film in dvd.

Quale periodo «ripassa» ora?
«Gli anni Sessanta e Settanta francesi, i migliori. Ma anche gli americani. Cassavetes, Sturgess...

Non ho voluto vedere, però, la versione cinematografica del Fucile da caccia del maestro giapponese Yasujiro Ozu. Una pellicola dei Sessanta, che scientemente non ho voluto conoscere. Per rimanere vergine nel mio approccio».

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