Assassinati e gettati nel lago Il figlio confessa: sono stato io

VeronaCarpi è un tiro di schioppo da Parma. Pensavano a questo, i carabinieri, mentre ieri interrogavano Daniele Bellarosa, 46 anni, il figlio dei due coniugi Enzo Bellarosa, 75 anni, e Francesca Di Benedetti, 76, trovati cadaveri nel canale di Mezzo, a Peschiera del Garda (Verona). Un caso terribilmente simile a quello passato alla storia come il giallo del camper, relativo alla scomparsa dalla faccia della terra, nel 1989, di Giuseppe Carretta e della moglie Marta Chezzi. Diversi anni dopo il figlio Ferdinando confessò di essere il responsabile del duplice delitto, anche se i corpi non furono mai ritrovati.
Se i cadaveri dei coniugi Bellarosa non fossero rimasti impigliati in un pontile del canale che collega il lago di Garda al fiume Mincio, probabilmente lo sviluppo delle indagini sarebbe stato ugualmente lento e difficoltoso. Invece sono bastati un paio di giorni di indagini per risalire prima all’identità della coppia e, soprattutto, a individuare nel figlio il responsabile del delitto.
Eravamo rimasti a quei due corpi scoperti, a dodici ore di stanza l’uno dall’altro, da due ristoratori di Peschiera. Nessun documento, pochi indizi. Tra questi, il modo maldestro con cui erano stati legati e incappucciati all’interno di un paio di cartoni, la maglietta blu indossata dalla donna, lo strano ritrovamento di due piccoli sacchi di denaro, 80 e 120 euro, custoditi nel reggiseno. In più, si è appreso ieri, in una tasca dell’uomo c’era uno scontrino di una farmacia di Carpi.
Eccolo il filo che ha spostato l’attenzione dei carabinieri da Peschiera del Garda a Carpi (Modena). Pare che anche l’esame della maglietta della donna sia stato determinante per risalire alla famiglia Bellarosa. Dal confronto con i documenti forniti dall’ufficio anagrafe è stato possibile stabilire che le deduzioni erano esatte. E il primo colloquio con Daniele Bellarosa è bastato per indurre gli inquirenti a ritenere chiuso il caso. Ha confessato.
Il delitto sarebbe stato commesso nel garage di casa, a Carpi, dove l'uomo viveva con i genitori. In passato Davide Bellarosa ha sofferto di disturbi psichici e pare che negli ultimi tempi fosse entrato in contrasto con i genitori per motivi economici. E per questo, evidentemente, ha deciso di sbarazzarsene. Il suo piano ha molti aspetti in comune con quello del caso Carretta. Sì, perché ora come allora il duplice delitto è avvenuto all’interno delle mura domestiche, stavolta però per strangolamento. Nella casetta di via Ragazzi del 99 Bellarosa ha messo fine alla vita dei genitori. Poi ha confezionato due pacchi in maniera maldestra, li ha legati sommariamente, li ha caricati in auto ed è partito verso un punto del lago di Garda che conosceva. Una volta arrivato li ha gettati in acqua.
Ecco, qui la sorte evita il bis di un caso Carretta. Forse il figlio pensava che i corpi finissero inghiottiti dalle correnti, trascinati verso il Mincio e destinati a sparire. Dopo poche ore, invece, il titolare di un bar di Peschiera ha visto quel pacco che affiorava nel canale e ha dato l’allarme. Così come ha fatto una collega la mattina successiva, quando le acque hanno restituito il cadavere della donna.
Lavorando sui dettagli, roba da Csi, i carabinieri di Peschiera e del Nucleo investigativo di Verona, sono riusciti a risalire all’identità. E non ci è voluto molto, poi, a capire che quel figlio strano, con una storia difficile e di disturbi psichici alle spalle, aveva un terribile segreto da nascondere. Prima ha tentato di negare, ma poche ore dopo è crollato. «Li ho ammazzati io». Al termine è stato portato in carcere a Modena.

Il sindaco di Peschiera, Umberto Chincarini, elogia i carabinieri e tira un sospiro di sollievo: «Eravano certi che non si trattasse di gente di qui ma le modalità con cui era stato compiuto il duplice omicidio avevano creato inevitabile allarme sociale. Ora tutto è risolto e Peschiera torna ad essere un luogo tranquillo, come è sempre stato».

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