Politica

Asse Roma-Berlino sulle leggi antiterrorismo

Alessandro M. Caprettini

da Roma

«L’Italia? Consapevole dei rischi che corre» dice grave Gianfranco Fini. «Sappiamo che è in gioco la sicurezza di tutti gli europei» rilancia Joshka Fischer. Logico allora che i due ministri degli Esteri si siano trovati d’accordo - anzi, come ha detto il tedesco «in fortissima convergenza e su alcune cose in perfetta identità di vedute» - sulla necessità che la Ue vari al più presto una efficace strategia anti-terrorismo.
Non sono entrati nel dettaglio, i due massimi rappresentanti delle diplomazie di Roma e Berlino. Un po’, come ha notato Fini, perché «questo è un compito che spetta ad altri», un po’ per non intromettersi in un dibattito che va divenendo caldo, alla vigilia dell’appuntamento di Bruxelles in cui i ministri degli Interni dei 25 devono mettere a punto un piano credibile. È parso comunque che Fischer, che in Germania è il numero uno dei Grünen, sia ben distante dalla posizione dei Verdi di casa nostra, ostili a qualunque novità. Nel corso del colloquio con Fini non ha infatti sollevato obiezioni all’idea del ricorso ad un giro di vite, ammettendo che la lotta al terrore è «la» priorità assoluta che ci si trova davanti al momento. Via libera dunque di Berlino a nuove iniziative: «Non sono per misure straordinarie, ma per misure efficaci - ha del resto specificato Fischer a conclusione del colloquio - a patto che ci si muova nel rispetto dei diritti e delle Costituzioni, visto che i terroristi con le loro azioni vogliono allontanarci dai nostri valori che è cosa che non possiamo permetterci».
Delegato al summit di domani a Bruxelles, il compito di scegliere le misure più idonee (ma la Germania frena intanto sull’immagazzinamento di telefonate ed e-mail per un anno, adducendo la eccessiva onerosità di spesa), Fini e Fischer hanno proseguito il loro colloquio alla Farnesina - frutto dell’iniziativa italiana di contatti bilaterali con i partner Ue in vista delle scadenze autunnali - ripartendo dalla bocciatura dei referendum sulla Costituzione e sullo scontro sul budget. Per i due, anche qui all’unisono, occorre riempire la «pausa di riflessione» decisa a Bruxelles dopo il doppio smacco referendario, assumendo «iniziative politiche» che facciano comprendere bene a tutti gli europei quanto sia necessaria ed opportuna l’appartenenza all’Unione. Non solo: Fini fa presente anche la necessità di «far funzionare meglio» gli uffici comunitari, con le regole attuali e con eventuali modifiche da mettere a punto. «Una pausa di riflessione da riempire con nuove idee», gli fa eco Fischer. Per il quale comunque la priorità resta quella del varo del budget. Entrambi auspicano che la presidenza inglese sappia trovare il bandolo della matassa, e fanno capire - dati gli elogi tributati anche qui assieme - a Juncker, che forse si può ripartire da lì dove il premier lussemburghese aveva dovuto mollare la presa.
Nessun distinguo, ancora, sul tema dell’allargamento. Roma e Berlino concordano sul fatto che i patti vadano rispettati e dunque si augurano non solo il compimento dell’adesione di Bulgaria e Romania alla Ue (l’anno prossimo), ma anche l’avvio dei contatti con Ankara (ai primi di ottobre) e con la Croazia. Proprio Fini ha reso noto che domani volerà ad Istanbul per contatti col governo turco in cui confermerà la posizione italiana, del tutto favorevole al dialogo. «La visita - ha spiegato - va letta anche nella strategia di lotta al terrorismo in cui si inseriscono il dialogo e i contatti con l’Islam moderato. La Turchia - ha proseguito - è un Paese islamico ma laico, che ha sempre rappresentato un baluardo contro il fondamentalismo, fornendo una concreta dimostrazione di come Islam, democrazia e libertà possano convivere».
D’accordo su tutto il loro ampio giro d’orizzonte - che ha riguardato anche Medio Oriente, Iran e Irak - divisi invece sulla riforma del consiglio di sicurezza dell’Onu. Tanto che si è preferito accantonare l’argomento nel faccia a faccia. «Lo sapevamo che né io sarei riuscito a convincere Fischer, né che lui mi avrebbe fatto cambiare idea...». ha ammesso Fini.

Col collega tedesco che ha tenuto comunque a distinguere la necessità di una più forte coesione «per la politica estera e di difesa della Ue» con la richiesta di Berlino per un seggio permanente: «Le due cose non si sposano necessariamente», ha osservato.

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