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Assedio ai Radicali Il Pd di Bersani li cerca ma sono tentati dal Cav

I loro voti potrebbero essere decisivi per la maggioranza. Il segretario Staderini prima dichiara che diranno "no alla fiducia", poi fa dietrofront. E all'idea che Pannella possa "salvare il Cav" volano gli insulti

Assedio ai Radicali  Il Pd di Bersani li cerca  ma sono tentati dal Cav

Esperti come pochi nel tenere desta l’attenzione su di sé, i Radicali sono finiti al centro di un serrato assedio politico. E intendono restarci il più possibile, naturalmente. E pazienza se sul web si è scatenato un putiferio di insulti e attacchi, all’idea che Pannella possa «salvare Berlusconi».

In palio c’è un pacchetto di voti (sei alla Camera e tre al Senato) che può essere decisivo per far pendere la bilancia del governo e dell’intera legislatura: un’occasione troppo ghiotta perché una vecchia volpe politica come Marco Pannella non ci si getti. Lui, come al solito nelle vigilie, non c’è: a Parigi per un importante convegno. Dunque né Pd né Pdl in queste ore febbrili per la maggioranza (e di riflesso per l’opposizione) che deve mettere insieme i numeri per non affondare hanno trovato l’interlocutore con cui trattare. Bersani è tornato alla carica giovedì con una richiesta d’incontro, e dopo un certo tira e molla è riuscito a concordarlo per martedì, poco prima del voto a Montecitorio sul rendiconto generale. I colonnelli Pdl contattano freneticamente i vari esponenti radicali, sentendosi dare risposte più o meno sibilline e spesso contrastanti. Anche perché, se e quando una trattativa potrà aprirsi, l’unico interlocutore sarà Pannella, che si confronterà direttamente con Berlusconi, o al massimo con il suo amico e conterraneo Letta.

Intanto, però, l’ambiguità radicale giova anche al centrodestra: dal Pdl si fa circolare la voce di un accordo quasi alle porte, ma è più che altro un messaggio destinato ad istillare il dubbio nei parlamentari di maggioranza che pencolano, tentati dalle sirene di Casini e del «governissimo». Se il jolly radicale, alla fine, saltasse fuori e salvasse un governo appeso a un pugno di voti, i dissidenti che hanno tentato di mandarlo sotto sarebbero politicamente defunti, e la paura potrebbe farli desistere.

Ieri ha creato scalpore un’intervista alla parlamentare pannelliana Rita Bernardini che il Fatto intitolava: «Siamo pronti a votare col governo». In realtà, nel testo del colloquio, l’ex segretaria del Pr dice quel che per i radicali è scontato: se Berlusconi presenterà in Parlamento quelle riforme liberali per le quali ci battiamo da decenni, dalla flexsecurity alle pensioni, magari aprendo anche una seria riflessione sulla riforma della giustizia e l’amnistia, perché dovremmo opporci? Resta il fatto che, tra i pannelliani, nessuno crede che Berlusconi avrà la forza e la voglia di farlo, «anche perché - ragiona un deputato - per prendersi i nostri voti ne perderebbe chissà quanti nella sua maggioranza».

E poi resta un altro ostacolo, quasi insormontabile: sul rendiconto i radicali hanno già votato contro due settimane fa, «e visto che i numeri non sono cambiati e la matematica non è un opinione, ovviamente voteremo contro anche stavolta», dice Matteo Mecacci. Quanto alla legge di stabilità, il governo sarà costretto probabilmente a mettere la fiducia, per accelerare i tempi e compattare i voti. Oltre tutto si inizierà dal Senato, dove c’è Emma Bonino, notoriamente allergica a intese con Berlusconi. Su Twitter il segretario radicale Mario Staderini scrive: «Read my lips: voteremo no alla fiducia, come sempre in questi anni». Più tardi (e, qualcuno insinua, dopo una telefonata da Parigi) Staderini articola il discorso e riapre uno spiraglio: «Rispetto alle singole misure che devono essere ancora presentate aspettiamo di conoscere cosa ci sarà scritto».

E il thriller può continuare.

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