Atac, nel bilancio errori e omissioni

Un cilindro pieno di sorprese. Nel «bilancio di esercizio di Atac al 31 dicembre 2006» non figurano solo le cifre roboanti relative al vertiginoso aumento - rispetto al 31 dicembre 2005 - di debiti e spese nella gestione dell’Agenzia per la Mobilità capitolina, ma anche una serie di incongruenze che gettano una luce sinistra sull’effettiva situazione dell’azienda comunale. Nonostante dovrebbe - almeno in teoria - fotografare lo stato patrimoniale della società e del gruppo, il documento non spiega praticamente mai le motivazioni delle varie risultanze economiche, limitandosi a enunciare le variazioni di dati rispetto all’anno precedente ma senza esplicitarne i fenomeni sottostanti. Oltre agli esempi già riportati nei giorni precedenti (tra tutti quello dell’incremento del 198 per cento degli oneri finanziari), colpiscono altri due: gli ammortamenti e le svalutazioni diminuiscono del 13 per cento, in quanto secondo Atac avrebbero «registrato un sensibile decremento a seguito del calcolo mensilizzato e dell’allineamento agli Ias». Poi nessuna spiegazione aggiuntiva su quanto sia valso in termini economici il cambiamento di criterio menzionato. I costi di produzione calano invece del 4 per cento in seguito ai «minori accantonamenti per rischi». Quindi? Quale andamento avrebbero avuto invece tutti gli altri costi di produzione? Anche qui buio totale.
L’altro capitolo è quello legato alla serie di informazioni errate, tali da offrire un quadro deformato della realtà. A pagina 4 della Relazione sulla gestione della mobilità pubblica si legge che nel 2000, al momento della scissione di «Atac Azienda Speciale» in Atac Spa e Trambus Spa, in quest’ultima confluirono «le sole attività di gestione del trasporto pubblico locale». E allora la pianificazione, regolazione, controllo e commercializzazione di attività quali il trasporto turistico, il trasporto scolastico e quello disabili? Attribuzioni che Trambus incassò nel 2000, e in aggiunta al «settore tpl» classico. Nella stessa pagina più avanti si afferma che «Metroferro Spa - poi diventata Me.tro Spa - acquisì il ramo d’azienda riferito a tutte le attività patrimoniali». Altro errore: rimasero fuori tutti i beni relativi alle «ferrovie concesse». Poche righe più avanti, nuovo svarione, forse il più clamoroso: «Come si evince dall’organigramma - poi riportato nel grafico di pagina 6 - le società operative sono controllate al 100 per cento direttamente dal Comune di Roma». Non è così: nel capitale di Me.tro figurano, seppur con piccole quote, anche le Province di Rieti e Viterbo.
Infine una nota inquietante sul futuro riassetto del Tpl capitolino. A pagina 22 si apprende che «in tale scenario evolutivo non sono immaginabili mutamenti sostanziali e apprezzabili del ruolo di Atac, le cui attribuzioni principali allo stato si presentano sostanzialmente riconfermate (e semmai accresciute), non comportando nemmeno radicali trasformazioni la dichiarata volontà di costituire alle dirette dipendenze del Dipartimento VII di una Agenzia leggera per la pianificazione e il controllo della mobilità».

Con tanti saluti quindi, a quanto contenuto sia nella memoria di giunta del dicembre 2006, sia nel Documento di programmazione finanziaria 2007-2009. Ma forse, oltre che per il vicepresidente del Consiglio comunale Vincenzo Piso (An), la cosiddetta «Agenzia leggera» viene considerata un’utopia anche per i vertici della stessa Atac.

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