Atene alza bandiera bianca: «Subito gli aiuti di Ue e Fmi»

GELO TEDESCO Merkel: «Sostegno solo se i tagli saranno approvati e se l’euro è in pericolo»

Non c’è più tempo, né altra via d’uscita: la Grecia alza bandiera bianca e chiede soccorso ai governi europei e al Fondo monetario internazionale. La prova di resistenza ingaggiata nelle ultime settimane con i mercati è terminata ieri a mezzogiorno, quando il premier George Papandreou, in visita nell’isola egea di Kastellorizo, ha annunciato l’inevitabile: «È imperativo chiedere l’attivazione del meccanismo di aiuti», per complessivi 45 miliardi di euro. Atene conta su un’erogazione-lampo della prima tranche, certamente prima del 19 maggio, data in cui verrà a scadenza un bond da 8,5 miliardi. L’ammontare della "fetta" iniziale verrà specificato in una lettera indirizzata alla Commissione di Bruxelles e all’Eurotower, che ieri ha smentito di aver ricevuto la richiesta di un prestito-ponte. Ue e Fondo si sono dichiarati pronti «a intervenire rapidamente».
La fretta di Atene dà la misura della gravità della situazione, e segnala la volontà di riportare entro livelli più tollerabili i rendimenti dei titoli di Stato ellenici. Il tasso sui prestiti Ue-Fmi dovrebbe aggirarsi sul 5%, un livello nettamente inferiore a quanto è costretto a sborsare oggi il Tesoro greco. Pur in una situazione meno drammatica rispetto a giovedì scorso, ieri gli interessi sui decennali sono rimasti ancora sopra l’8%, lo spread con il Bund tedesco è ripiegato fino a 525 punti per poi risalire attorno a 580 e i cds (l’assicurazione contro la bancarotta sovrana) si sono solo parzialmente allontanati dal picco di 634 dell’altroieri.
Le tensioni insomma restano. Lo confermano la chiusura piatta della Borsa di Atene e la decisione di Moody's, all’indomani del taglio del rating sovrano greco (da A2 ad A3), di rivedere anche il proprio giudizio sul merito di credito della Banca nazionale della Grecia e di mettere sotto osservazione cinque istituti del Paese mediterraneo.
Di ben altro avrebbe invece bisogno Papandreou, consapevole che l’sos lanciato a Ue e Fmi non è la fine della «nuova Odissea» che i greci stanno attraversando, anche «se adesso conosciamo la strada per Itaca». Più che quelli di Ulisse, i greci hanno però vestito i panni delle sirene ammaliatrici. L’Europa ha creduto al racconto di un deficit-Pil al 12,7, e su quello ha imbastito l’intesa sugli aiuti prima di sapere da Eurostat che la verità sullo stato dei conti ellenici era un’altra. Ed è forse anche per questo che ieri dalla Germania sono rimbalzate parole non proprio rassicuranti. Il cancelliere Angela Merkel, non ha usato mezzi termini: prima di allargare i cordoni della borsa (a Berlino toccherebbe l’esborso più oneroso, 8,4 miliardi), il parlamento di Atene dovrà approvare il pacchetto di misure di austerità deciso. In ogni caso, i fondi arriveranno «solo se la stabilità dell’euro dovesse essere minacciata nel suo complesso» e non potranno essere erogati prima della fine dei colloqui tra le autorità greche e la missione Ue-Bce. L’irritazione tedesca si coglie ancor meglio nelle parole del ministro delle Finanze, Wolfgang Schauble: «Ho telefonato questa mattina (ieri, ndr) a Papaconstantinou e gli ho chiesto di aspettare» a chiedere aiuto. La Germania non nasconde inoltre la preoccupazione per un allargamento della sindrome greca ad altri Paesi dell’eurozona.

«Il rischio di contagio è aumentato nelle ultime settimane», ha detto Axel Weber, presidente della Bundesbank e "falco" del direttivo della Bce. Il Portogallo è sotto tensione: il rendimento del titolo a dieci anni è attorno al 5% e il cds gira a 250-270 punti base.

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