La violenza colpisce maschi e femmine

La verità è che la violenza non ha la barba. È trasversale, insidiosa, imprevedibile, non unidirezionale

La violenza colpisce maschi e femmine
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Gentile Direttore Feltri,
in provincia di Cagliari un uomo di 61 anni è stato accoltellato dalla moglie. È morto dopo una lunga agonia.
Forse è ora di dirlo senza vergogna: la violenza è anche femminile. O no?

Lucio Erba

Caro Lucio,
hai perfettamente ragione: la violenza è anche femminile, e chi continua a negarlo è complice morale di questa ipocrisia collettiva che ormai ha assunto i contorni di una religione laica.

Il caso del 61enne accoltellato a Maracalagonis, nel Cagliaritano, dovrebbe far inorridire l'opinione pubblica quanto qualunque femminicidio. E invece? Silenzio. Nessuna marcia. Nessun hashtag. Nessun lutto nazionale. Perché? Perché l'assassino è donna e la vittima è uomo.

E questo, nel Paese delle parità selettive, fa tutta la differenza del mondo. Fendenti sull'addome, sulla schiena, sulle gambe, sulle braccia. Non un colpo di follia, ma un'aggressione furiosa, sistematica, brutale. La donna ha usato un coltello da cucina e ha lasciato che fosse il vicino, allarmato dalle urla, a chiamare i soccorsi. L'uomo è morto poco dopo. Una morte atroce. Ma non abbastanza giusta per farne notizia. Non è il primo, e purtroppo non sarà l'ultimo.

A maggio, a Bologna, Giuseppe Marra, 59 anni, è stato accoltellato all'ingresso del suo appartamento. Indagata: la compagna, 56 anni. A marzo, Mario La Pietra, 30 anni, colpito all'addome dalla convivente. Ogni anno, una decina di uomini viene ammazzata per mano di compagne o ex compagne. Ma di loro non parla nessuno. Non vendono. Non servono alla causa. E vogliamo parlare dei numeri totali? Nel 2023, secondo i dati del ministero dell'Interno, sono stati 334 gli omicidi. Le vittime maschili sono state 217. Domanda semplice: quanti manifesti, convegni, programmi tv sono stati dedicati a loro? La risposta la conosciamo: zero. Perché l'uomo, nell'immaginario mediaticamente costruito, è carnefice per definizione. Senza scampo. Persino se muore, se subisce, se viene picchiato, umiliato o accoltellato, evidentemente se l'è meritato. Così la stampa non si scompone, le autorità tacciono e il Paese si gira dall'altra parte.

Tuttavia la verità è che la violenza non ha la barba. È trasversale, insidiosa, imprevedibile, non unidirezionale.

Inoltre, diciamolo, la donna violenta gode di una forma di indulgenza preventiva. Quando un uomo uccide una donna, è un mostro. Quando una donna uccide un uomo, è «una fragile vittima esasperata». Come se l'omicidio, se commesso in rosa, si potesse spiegare. E quasi giustificare. Un'aberrazione culturale che insulta la verità e fa a pezzi l'equilibrio del diritto. L'uomo non può essere sempre il colpevole. Non può essere sempre quello da punire, da rieducare, da mettere in discussione per principio.

È ora di uscire da questa sciocca narrazione tipica della sinistra, che ragiona sulla base di stereotipi. Uguaglianza significa valutare i fatti, non gli organi genitali dei protagonisti.

Significa dire che ogni vittima merita, non solo se ha il tacco dodici. Chi è davvero contro la violenza, lo è a prescindere dal sesso dell'aggressore. Chi è contro la violenza unicamente quando a morire è una donna, è soltanto a favore della propaganda.

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