Garlasco, l'impronta chiave non c'è

Necessario un secondo test. La guerra delle perizie e la lite sulla spazzatura

Garlasco, l'impronta chiave non c'è
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Pochissime le aspettative, scarso anche l'entusiasmo scemato con il trascorrere del tempo per la folla di cronisti e operatori televisivi, blogger e curiosi assiepatasi ieri mattina nel cuore di Milano, davanti all'ingresso della questura, in via Fatebenefratelli 11 in attesa di un qualunque colpo di scena. Un po' improbabile nella giornata che ieri ha inaugurato, al gabinetto della polizia Scientifica, solo l'inizio delle operazioni tecniche del maxi incidente probatorio disposto dalla gip di Pavia Daniela Garlaschelli nella nuova indagine sul delitto di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007. Un'inchiesta che al momento vede indagato un amico di Marco, fratello di Chiara, il 37enne Andrea Sempio in concorso con altri o con Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere appunto per l'omicidio della fidanzata.

All'interno degli scatoloni di reperti arrivati intorno alle 10.30 c'era e non c'era tutto quello che ci si aspettava, niente di più, niente di meno. Mancava ad esempio ogni traccia dell'involucro contenente l'intonaco grattato dal muro della villetta di via Pascoli a Garlasco, ovvero il cosiddetto reperto dell'impronta «33» di cui si è discusso per giorni perché scartata in passato, ma poi attribuita a Sempio in questa nuova inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano insieme ai pm di Pavia. Purtroppo proprio l'assenza di quell'intonaco rende impossibile fare approfondimenti, oltre a quelli fotografici.

E anche quando a metà pomeriggio un'agenzia ha scritto che i consulenti tecnici, proprio all'apertura di quegli scatoloni, ieri si sarebbero aspettati di trovarsi davanti le impronte acquisite su 35 fascette para-adesive e invece avrebbero scoperto solo in quel momento che proprio quelle impronte erano state catturate su fogli di acetato che potrebbero essere meno conservativi, si scoprirà subito dopo che non è affatto vero: i fogli di acetato separano infatti di fatto una fascetta dall'altra, seguendo una procedura standard, eseguita quindi in maniera del tutto corretta: lì dovevano trovarsi e lì erano.

Sempre a proposito delle impronte sulle fascette paradesive - che saranno sottoposte a ulteriori test per cercare l'eventuale presenza dei Dna di tutti coloro che frequentavano la casa dei Poggi - ieri ne sono state esaminate solo la metà, diciotto, tra cui la numero 10, quella individuata nella parte interna della porta d'ingresso della villetta di via Pascoli. Su queste sono state effettuati 24 campionamenti di Dna senza trovare sangue.

Sulla traccia 97f - trovata sul muro di sinistra che accompagna la scala che porta alla tavernetta del villino di via Pascoli - ieri al suo ingresso in questura l'ex poliziotto consulente della famiglia Poggi, Dario Redaelli, ci ha tenuto a precisare: «Non è un'impronta ma una strisciata, che in questo momento dell'indagine viene attribuita da parte della procura a una mano insanguinata. Ma su questo c'è da parlare parecchio».

Le altre fascette tralasciate ieri verranno passate al setaccio domani, quando i consulenti tecnici cominceranno ad affrontare la conservazione del contenuto della pattumiera della villetta di via Pascoli (ovvero la spazzatura che conteneva, tra gli altri, gli oramai arcinoti vasetti di Fruttolo e la buccia di banana). Unico punto, questo, su cui ieri gli specialisti si sarebbero scontrati durante l'osservazione dei reparti. Non si riusciva infatti a trovare il verbale di quei rifiuti casalinghi sequestrati il 16 settembre 2007 e che poi è stato rinvenuto.

Intorno alle 20 docenti universitari

specializzati in collaborazioni con procure e tribunali, genetisti, chimici, ingegneri e avvocati al termine del loro lavoro, per evitare microfoni e telecamere hanno lasciato la questura uscendo dal retro, in via Montebello.

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