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Gli attacchi di Di Luca? Più noiosi del Giro

nostro inviato al Vesuvio

Caro diario, non è mai bello infierire su uno sconfitto, ma usando il giusto rispetto qualcosa a Di Luca va comunque detto. Anche sul Vesuvio, cioè sulla salita-spareggio contro Menchov, la sua filosofia non cambia: sempre lui in testa, sempre lui ad inseguire chi scatta, sempre lui a menare il can per l'aia (senza offesa, il cane sarebbe ovviamente l'astuto russo). Allora, mi pare di dover concludere in questo modo: anche se il Giro presentasse ancora tre settimane di gara e altre tremila salite, il risultato non cambierebbe. Di Luca sarebbe sempre lì ad offrirsi come docile sherpa, Menchov sarebbe sempre lì incredulo a beneficiare di tanta generosità.
Bisogna ammetterlo senza ipocrisie: Di Luca è sicuramente il rivale più accanito e più cocciuto di Menchov, su questo non ci piove, ma è anche il suo gregario più fedele e più prezioso. Da giorni, ormai, ogni problema e ogni grana che qualcuno eventualmente crea al russo viene immancabilmente risolta dal pronto intervento del nostro eroe. Venduto allo straniero? Ovviamente, neanche per sogno. Di Luca è soltanto vittima della sua generosità e dei suoi nervi. Non lo dico io, lo dice apertamente suo suocero, quello Stefano Giuliani ex gregario di Moser, poi direttore sportivo, ora primo critico del marito di sua figlia. Per battere Menchov, gli ha spiegato, non devi trainartelo a ruota: scattista come sei, devi lasciarlo davanti e colpirlo alle spalle, di sorpresa.
Caro diario, non voglio sfasciare una famiglia, ma trovo che abbia ragione il suocero. Il genero potrebbe provare almeno una volta a dargli retta. Invece niente. Persino sull'ultima salita, ultima possibilità per agguati e imboscate, la storia non cambia: scatta Basso, scatta Garzelli, scatta Sastre, scatta Pellizotti. Dietro, sempre lo stesso film: Di Luca davanti, Menchov incollato alle sue spalle. Come il Vinavil, come Indurain: non si stacca. Il nostro si spolmona con accelerazioni da sincope, il russo semplicemente sfrutta la scia. Sembrano fare un Giro in tandem.
Inevitabilmente, anche l'epilogo non cambia: Sastre vince da solo, Basso (voto 10 alla lealtà) si ferma ad aspettare il compagno Pellizotti e lo catapulta sul secondo posto, infine arriva il solito duetto, con Di Luca che rosicchia altri 8'' d'abbuono al nemico.
Che dire: adesso la distanza tra i due è 18'', più o meno il tempo di uno starnuto e di un "salute". Ma in questo finale è un tempo pesantissimo. Che resta a Di Luca? Potrebbe vincere oggi ad Anagni, città degli schiaffi papali (prepararsi: Bulbarelli ci farà una capa tanta con l'oltraggio a Bonifacio VIII), il che significherebbe 20'' di abbuono e maglia rosa. Ma poi avrebbe solo 2'' di vantaggio nella crono finale dei Fori Imperiali, 14 chilometri nel cuore di Roma, su un terreno favorevole al russo. Un grattacapo immane.
Purtroppo, ci ritroviamo qui a parlare di secondi e di abbuoni. Buona colpa è certo delle scelleratezze tattiche di Di Luca, innegabile, ma il grosso va imputato al Giro piallato - il più facile e il più veloce dei cent'anni - disegnato dal patron Angelo Zomegnan, noto su piazza come Mago Zom. Eppure, molti adesso la chiamano bellissima incertezza. Parlano di spettacolo sublime. Da questo punto di vista, il lecchinaggio del "Processo" al Mago Zom è qualcosa di memorabile. I solerti opinionisti Rai, graffianti come puma, lo subissano di domande feroci (la più feroce è di Bartoletti: «Fattela tu una critica»), lui apre la ruota del pavone e dice che il suo unico errore resta quello della tappa di Milano: «Anziché 160 chilometri, meglio una kermesse di 80». E ti pareva: sente di aver esagerato con le asperità. Non a caso, sta già pensando a profonde modifiche per l'anno prossimo: tappone sul ponte della Ghisolfa e Cima Coppi sul Monte Stella (in caso di maltempo, si taglieranno gli ultimi tornanti).
Caro diario, nell'attesa dell'avvincente epilogo romano sul filo dei centesimi, qualcosa è già perfettamente chiaro: il ruolo di DinosAuro Bulbarelli. Salendo al Vesuvio, il pachidermico telecronista rivela di essere un grandissimo (145 chili) polivalente. Arrotonda vincendo scommesse con Giggetto Sgarbozza. Trova posti di lavoro agli amici (Bettini in diretta: «Grazie a te, Auro, posso provare quest'esperienza dalla moto, ti ringrazio personalmente»). In aggiunta, procaccia pasti all'allegra compagnia Rai («A Sant'Agata sui due Golfi ci sono i titolari di un ottimo ristorante sempre molto gentili con noi: anni fa, quando la tariffa era sulle centomila, ci venivano incontro con le 30mila delle tariffe Rai». E chissà come mai, ndr).
Caro diario, gli va riconosciuto: il Bulba sa veramente svolgere un sacco di mansioni.

Il Paese resta in attesa di sapere quando comincerà a fare il telecronista.

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