Non so se, durante il liceo, linsegnante di storia dellarte ce ne abbia parlato; so che io quei dolenti li andavo a trovare, parlavo con loro, li sentivo vivi. Nessun interesse per la scultura o la storia dellarte, ma la sensazione che questo gruppo di persone, senza più una sola ragione per vivere, spaesate e indirizzate verso il nulla come i vani camminatori di Buñuel, fossero vive, avessero trovato un luogo per piangere, per sfogarsi, per urlare; lì, proprio a pochi metri da me. Loro, coinvolti, travolti, mentre noi stavamo seduti nei nostri banchi, indifferenti e ignari.
Quante volte sono tornato a guardarli! Quante volte ne ho studiato le smorfie e i gesti. Ma soltanto lultima volta, per riportarne questo ricordo, tra passato e presente, alzando lo sguardo, ho visto una presenza nuova. Un Cristo infinitamente dolente, morto ma non pacificato, non trasfigurato.
Guardandolo, nella sua disadorna apparenza, penso che al Compianto hanno partecipato i personaggi della sacra rappresentazione, di un teatro popolare, eternati nellarte da un grande scultore (e anche un po sarto), bravissimi attori che ripetono ogni giorno la loro recita.
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