Attrito tra Ue e Israele sugli aiuti ai palestinesi

Divergenze anche sul piano di convergenza di Olmert. L’incontro con Abu Mazen a Ramallah. Critiche ad Hamas

Gian Micalessin

È un incontro tra signore stizzite. Cortese nei modi, algido nella sostanza. L’austriaca Benita Ferrero Waldner, commissario per le Relazioni esterne dell’Unione Europea va a Gerusalemme per far digerire al ministro degli Esteri israeliano, signora Tzipi Livni, il nuovo pacchetto d’aiuti ai palestinesi ratificato dal Quartetto diplomatico (Usa, Ue, Onu e Russia). La Livni s’attende un po’ d’accondiscendenza sul piano di ritiro dalla Cisgiordania e sulla fissazione di nuovi confini. La conferenza stampa diventa un duello al femminile con sorrisi tirati e sciabolate verbali tra cortesie di routine.
La prima stoccata è della signora Benita. «Il piano di convergenza è un’idea molto coraggiosa, ma per gli europei i passi unilaterali non possono condurre a una vera pace». Madame Tzipi incassa, sorride e contrattacca. «Per noi – risponde - lo stallo non rappresenta né una politica né una soluzione». Per un pomeriggio Europa e Israele sembrano sulla soglia dell’incomunicabilità. Il problema è la reciproca pretesa di qualcosa che l’altro non può concedere. Il piano ratificato domenica dal Quartetto scatterà ai primi di luglio e verrà finanziato con 100 milioni di dollari elargiti dall’Ue. La manovra garantirà il salvataggio finanziario delle strutture sanitarie e il pagamento degli stipendi - in parte anticipati ieri a Gaza tramite uffici postali - senza far transitare un solo euro nelle casse dell’Autorità palestinese governata da Hamas.
La Ferrero Waldner vuole non solo che Israele sottoscriva quel piano, ma che vi contribuisca con le rimesse fiscali per oltre 55 milioni mensili congelate dopo la vittoria di Hamas. La Livni, di fronte alla richiesta della rappresentante europea di rigirarle quei soldi per farli arrivare ai palestinesi, risponde che esaminerà il piano e poi valuterà. Quale ministro, del resto, appoggerebbe un piano d’aiuto al nemico mentre i missili Qassam colpiscono la cittadina di Sderot anche durante la visita pomeridiana del presidente Moshe Katsav e mentre da Ramallah arriva notizia di un’imboscata a un pullman costata il ferimento di tre ragazze. Come dire non è giornata.
La questione più spinosa resta però il piano di convergenza. La Ferrero Waldner di fronte a quel progetto ripete un’altra volta gli inviti alla trattativa già sollecitati da Washington, Londra e Parigi. La Livni non può far a meno di ricordarle i rischi di un negoziato con un presidente, Abu Mazen, di cui non si conosce la reale consistenza politica mentre sui territori palestinesi tira aria da guerra civile. E nell’incontro che ha successivamente con Mazen, a Ramallah, parla degli aiuti della Ue ai palestinesi e ribadisce che il Quartetto si attende da Hamas sia il riconoscimento dello Stato di Israele sia il rispetto degli impegni internazionali assunti dall’Anp. Poi, in una conferenza-stampa, critica il governo oltranzista palestinese, «responsabile di non aiutare il proprio popolo».
A render assolutamente indigeribile per l’opinione pubblica la prospettiva di nuovi negoziati contribuisce soprattutto la pioggia di Qassam su Sderot e sugli altri centri del Negev. Tre missili esplodono proprio mentre Katsav e il ministro della Difesa Amir Peretz rendono omaggio a una città sull’orlo dell’esasperazione.

Peretz ha promesso misure estreme in caso di mancata interruzione dei lanci minacciando velatamente gli stessi vertici del governo di Hamas. Esclusa invece l’idea di una rioccupazione della Striscia che - secondo quanto spiegato da Peretz durante la visita a Sderot - finirebbe con il moltiplicare i tentativi di colpire il territorio israeliano.

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