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Anche gli automobilisti saliranno sui trattori

Se c'è un partito che ha le antenne alzate sui sentimenti che animano il ceto medio, magari per i passati momenti di gloria, quello è Forza Italia

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Se c'è un partito che ha le antenne alzate sui sentimenti che animano il ceto medio, magari per i passati momenti di gloria, quello è Forza Italia. Al nord come al sud. «Con il divieto di velocità a 30 chilometri in città - spiega un deputato veneto più che preoccupato, Piergiorgio Cortelazzo - sfonderemo i due miliardi di introito per le multe: una volta si incassavano con l'Imu prima casa. Autovelox, divieti di sosta determinati dall'assenza di parcheggi e via dicendo. Almeno la famigerata prima Repubblica aveva immaginato a Roma di spostare tutti i ministeri all'Eur per creare la «città del governo» e rendere meno ingolfato il centro, ma noi siamo inermi. E le multe finiscono per colpire il ceto medio-basso, sono i soli che da pendolari usano ancora l'auto per andare al lavoro. Gli altolocati vanno in taxi o hanno l'autista. Se una mattina qualcuno lancia l'idea del partito degli automobilisti sono guai per i partiti».

Ti sposti al Sud, a Palermo, e i concetti non mutano. «Se quest'anno sono stati incassati un miliardo e 540 milioni per multe autostradali - ragiona il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè - con il divieto dei 30 chilometri orari arriveremo a due miliardi e mezzo. Eppure la politica dovrebbe commisurare le giuste esigenze di sicurezza stradale evitando vessazioni. Ma niente da fare: gira che ti rigira uscirà fuori un partito a rappresentare questi interessi. Come con gli agricoltori».

È fatale: se tiri troppo una corda alla fine la corda si spezza. Rispetto allo scorso anno che già segnò un record la voce multe nei bilanci degli enti locali è aumentata del 6,4%. Nel corso degli ultimi sedici mesi le proteste si sono moltiplicate. Addirittura è sceso in campo contro la proliferazione indiscriminata degli autovelox un sorta di super eroe degli automobilisti, Fleximan, che li distruggeva. Una fenomeno che si è ripetuto in diverse regioni italiane. Sintomo che la protesta è diffusa. Ora dato che la politica non si muove si vocifera di un partito degli automobilisti per colmare il vuoto di rappresentanza. La situazione è arrivata al limite.

Il divieto di velocità a 30 chilometri nelle città rischia di essere, infatti, la tipica goccia che fa traboccare il vaso: immaginatevi la scelta dell'automobilista che viene multato perché viaggia a 32 km orari quando un monopattino senza targa lo supera a 40 km orari. Siamo al paradosso che fa arrabbiare. Purtroppo gli automobilisti sono vittime di paradossi quotidiani: improvvisamente l'Aci qualche anno fa ha tirato fuori dal cassetto una legge del 1989, che gli permetteva di radiare dal registro automobilistico chi non pagava per tre anni il bollo. L'ha utilizzata «una tantum» creando delle disparità visto che non è stata applicata a tutti quelli che non erano in regola, ma - peggio ancora - non avvertendo i malcapitati questi hanno continuato a pagare per anni l'assicurazione a veicoli che per lo Stato non esistevano più.

Di follie simili se ne possono raccontare migliaia. La più grande riguarda, però, l'ammontare esagerato delle sanzioni in rapporto allo stipendio degli italiani.

Altroché salario minimo. Qui di nuovo è il ceto medio-basso a finire tra l'incudine e il martello: pagato poco, sottoposto ad una pressione fiscale inusuale, costretto ad usare l'auto per pendolarismo o necessità logistiche, è il bersaglio preferito di quelle tasse camuffate che sono le multe autostradali, espediente di bilancio per evitare il fallimento egli enti locali. La «voce» multe, infatti, si relaziona, a ben vedere, più con i numeri disastrati dei Comuni che non con la volontà di far rispettare le regole sulla strada. Il dramma è che gli introiti non servono per finanziare parcheggi o, chessò, migliorare la viabilità, ma per acquistare nuovi autovelox: insomma per alimentare l'industria delle multe, o per finanziare - per usare le parole di Cortelazzo - «le sagre delle patate o dei fagioli di qualche Comune».

Visto l'ammontare delle cifre e che probabilmente buona parte degli introiti resteranno sulla carta perché la gente non ce la fa a pagare, sarebbe il caso di resettare il sistema: un condono, regole più razionali, un nuovo inizio.

Ma è un'ipotesi che pecca di buonsenso, per cui non si farà mai.

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