Donne straordinarie

"Fascino, innocenza e talento": la lezione ai posteri dell'immortale Audrey Hepburn

Sono trascorsi alcuni decenni dalla morte di Audrey Hepburn, amata attrice di "Vacanze romane" e "Colazione da Tiffany", che ancora oggi rappresenta una fonte di ispirazione per tutti

"Fascino, innocenza e talento": la lezione ai posteri dell'immortale Audrey Hepburn
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Non è stata soltanto un’attrice, è stata una stella del cinema. Non come quelle di oggi, ma una vera e propria star in grado di fare sognare il mondo intero. Sono trascorsi alcuni decenni dalla morte di Audrey Hepburn, ma ancora oggi rappresenta una fonte di ispirazione per tutte le aspiranti dive del cinema internazionale. Il motivo è semplice: è l’incarnazione di un ideale senza tempo. Una donna che ha trasmesso talento e gioia, pur avendo vissuto tanto dolore.

L’infanzia e la guerra

Audrey Hepburn nacque il 4 maggio 1929 a Ixelles, comune di Bruxelles, dal diplomatico inglese Joseph Anthony Hepburn-Ruston e dalla baronessa olandese Ella van Heemstra. Tra i suoi avi anche Edoardo III d'Inghilterra e James Hepburn, IV conte di Bothwell. Primi anni divisi tra Belgio, Gran Bretagna e Paesi Bassi, prima della separazione dei genitori: il padre divenne un fervente sostenitore del partito fascista belga, animato dall’antisemitismo, e si trasferì in Inghilterra come membro attivo delle camicie nere. Una rottura che avrà un enorme peso nella vita della futura stella del cinema.

Nel 1939 Audrey si trasferì con la madre e i fratellastri ad Arnhem, considerato luogo sicuro dagli attacchi nazisti. La realtà fu diversa: le truppe di Hitler invasero la città nel 1940 e la famiglia fu costretta a vivere negli scantinati tra spari e bombardamenti. La Hepburn frequentò il Conservatorio e si esibì per la Resistenza olandese per intrattenerla e distrarli dagli orrori della guerra: recite e piccoli spettacoli musicali, con la danza diventata un’ancora di salvezza per tutta la durata del conflitto. Non mancarono i momenti di difficoltà, a partire dalla carestia dell’inverno 1944: prima del provvidenziale intervento dell’Unicef, la sopravvivenza fu resa possibile dal pane fatto con i tulipani. Poi nel 1945 la Liberazione:“È stata emozionante, abbiamo ricominciato a vivere”, ricorderà l’attrice.

Danza e recitazione, poi la scalata a Hollywood

Audrey Hepburn ottenne la borsa di studio per la scuola di danza di Marie Rambert a Londra, ma la malnutrizione patita durante la guerra non le consentì di fare carriera. Decise allora di tentare la carriera da attrice e iniziò con il documentario “Nederlands in zeven lessen” del 1948. Poi l’avventura in teatro con i musical, mentre lo sbarco sul grande schermo è datato 1951 con una serie di ruoli minori. Il primo grande ruolo nel 1952, nel giallo “The Secret People” di Thorold Dickinson.

Sempre nel 1952 la svolta, il film che cambia una carriera. La Hepburn partecipò al provino per “Vacanze romane” di William Wyler e soffiò il ruolo della protagonista a Elizabeth Taylor. La giovane olandese stregò tutti: "Aveva tutto quello che stavo cercando, fascino, innocenza e talento. Era assolutamente incantevole, e ci dicemmo, È lei!'”, dichiarerà il regista statunitense.

Audrey Hepburn in "Vacanze romane"

Un’interpretazione travolgente, complice la grande alchimia con Gregory Peck. Audrey Hepburn finì sulle copertine di mezzo mondo: era qualcosa di mai visto prima, il tipo di donna che al cinema non esisteva. Tra la ragazza della porta accanto e la bomba sexy alla Monroe, ecco la nuova stella di Hollywood, espressione di una donna libera e caparbia. La performance le valse il premio Oscar come migliore attrice protagonista nel 1954.

La nuova stella del cinema

Dopo “Vacanze romane”, Audrey Hepburn fu sommersa dalle proposte. L’Oscar la lanciò nell’Olimpo del movimento a stelle e strisce, una fama alimentata dall’industria ma soprattutto dalla sua unicità. Una attrice esile, con i capelli corti, gli occhi da cerbiatto e i lineamenti aggraziati. Distante dunque dai canoni di bellezza in voga a quei tempi. Desiderata dal mondo della moda, la Hepburn si affidò allo stilista francese Givenchy e insieme inventarono uno stile nuovo, immortale.

Dopo “Vacanze romane”, Audrey Hepburn fu chiamata a interpretare la protagonista femminile di “Sabrina” di Billy Wilder. Un’altra prova di spessore, questa volta al fianco di Humphrey Bogart e William Holden, che le valse la candidatura all’Oscar alla migliore attrice, vinto poi da Grace Kelly per “La ragazza di campagna”.

Il talento poliedrico, la capacità unica di ammaliare l’obiettivo e di dare carattere anche ai personaggi frivoli. Un’interprete eccellente ma anche un’icona di stile. Da “Arianna” di Billy Wilder a ”Cenerentola a Parigi” di Stanley Donen e con Fred Astaire, tante le interpretazioni degne di nota. Poi il ruolo della vita.

Audrey Hepburn è Holly Golightly

Audrey Hepburn

Nel 1961 Audrey Hepburn fu chiamata per interpretare Holly Golightly, protagonista di “Colazione da Tiffany”, tratto dal romanzo di Truman Capote e diretto da Blake Edwards. Un’interpretazione eccezionale, in grado di incarnare alla perfezione lo spirito del personaggio stravagante e sregolato tratteggiato dallo scrittore statunitense. L’attrice riuscì a trasformare un personaggio concepito per Marilyn Monroe, dandogli profondità e spessore. Impossibile distogliere lo sguardo da lei e dalle sue mise, a partire dal tubino nero della sequenza d’apertura.

Candidata all’Oscar, poi vinto dalla “nostra” Sophia Loren, Audrey Hepburn continuò a inanellare successi e riconoscimenti. Nel 1964 uno dei ruoli più controversi, entrato nella storia per la guerra fredda con Julie Andrews: parliamo di Eliza Doolittle, protagonista del musical “My Fair Lady” di George Cukor. La Hepburn fu accusata di aver soffiato la parte alla collega e, nonostante le estenuanti lezioni di canto, fu costretta ad accettare il doppiaggio nelle parti cantate. Un veto posto dalla produzione, intimorita dal possibile paragone con la Andrews.

La nuova vita dopo l'addio a Hollywood

Audrey Hepburn continuò a lavorare senza sosta fino al 1967. Quell’anno qualcosa cambiò, l’attrice dal contratto da 1 milione di dollari decise di fare una scelta coraggiosa e per certi versi senza precedenti: anteporre la famiglia alla carriera. Voltò le spalle a Hollywood e al mondo del cinema, con l’unico scopo di godersi i suoi figli e restare nell’anonimato. “Non è stato un sacrificio, perché sentivo di doverli accudire”, raccontò in una delle sue ultime interviste.

Dopo il deludente incontro con il padre dopo 25 anni di distanza, nel 1968 divorziò da Mel Ferrer. L’anno dopo il matrimonio con lo psichiatra italiano Andrea Dotti, dal quale nel 1970 ebbe il secondo figlio, Luca. Il legame con Dotti non durò molto a causa della sua fama di marito molto infedele (fu fotografato con oltre duecento donne diverse, ndr). La Hepburn attraversò un momento molto difficile e tornò gradualmente a recitare. Nel 1979 interpretò il ruolo principale in “Linea di sangue” di Terence Young, mentre nel 1981 fu scelta da Peter Bodganovich in “… E tutti risero” insieme a Ben Gazzara. L’ultima interpretazione datata 1988, in “Always – Per sempre” di Steven Spielberg.

L’attrice si confermò una professionista esemplare sul set, ma fragile e nervosa fuori, diventando una fumatrice incallita. Nel 1984 lasciò Roma per trasferirsi definitivamente in Svizzera, a Tolochenaz, posto pacifico e sereno dove vivere in tranquillità. Rifiutò tante offerte di lavoro e ritrovò l’amore con l’attore olandese Robert Wolders. Ma non solo. Audrey Hepburn decise di offrire la sua notorietà per l’Unicef, dedicando amore a bambini e madri di tutto il mondo.

Colpita da dolori allo stomaco, nel 1992 le fu diagnosticato un tumore al colon. Nonostante due interventi chirurgici, non ci fu niente da fare. Audrey Hepbrun morì il 20 gennaio 1993, alle 20.00, nella sua casa di Tolochenaz, dove fu sepolta.

Un enorme lutto per il mondo del cinema, privato di una delle sue interpreti migliori e rivoluzionarie, in grado di tracciare un solco nella cinematografia degli anni Cinquanta grazie alla sua immagine, alla sua classe e al suo stile di vita.

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