
Le nozze di Jeff Bezos sono terminate. Il lungo weekend veneziano del proprietario di Amazon ha creato certo qualche disturbo ai cittadini ma ciò che la città ne ha guadagnato sono centinaia di milioni lasciati nel tessuto economico e un ritorno di immagine enorme. Qualunque altra città avrebbe pagato per fare da cornice a un evento mediatico di tale portata poi, certo, qualunque altra città non è Venezia, non ha la sua storia e non ha la sua fama. Ma anche Venezia, nonostante sia Venezia, non può disdegnare una vetrina come questa e un volano come questo. Come ha spiegato Daniela Santanché, ministro del Turismo, "secondo una stima dell'Ufficio Statistica del Ministero del Turismo, elaborata su dati JFC e dell'Ufficio Statistico della Regione Veneto, il matrimonio potrebbe generare un impatto economico complessivo di circa 957,3 milioni di euro, pari a quasi il 68% del fatturato turistico annuale della città".
Nonostante questo, per tre giorni i soliti noti degli ambienti antagonisti hanno cercato di mettersi in mostra e di farsi un po' di pubblicità gratuita manifestando contro chi ha portato ricchezza a Venezia. A loro si è aggiunta anche Ilaria Salis che ha parlato di lotta di classe e di altri slogan comunisti, dimenticandosi che il suo libro è in vendita anche su Amazon e che se proprio vuol far la guerra ai "padroni" dovrebbe iniziare ad applicare la coerenza nella vita di tutti i giorni. Solo 7 anni fa, anche se sembrano molti di più, ci fu un matrimonio in Italia che catalizzò tutta l'attenzione dell'opinione pubblica: quello di Fedez e Chiara Ferragni a Noto. All'epoca, la città siciliana fu sottoposta a misure di sicurezza e gestione del traffico particolarmente stringenti, che di fatto la "blindarono" per diversi giorni. L'arrivo di numerosi invitati e l'attenzione mediatica globale crearono un impatto logistico e visivo notevole. Il tutto senza un ritorno economico così roboante.
Eppure, le voci di protesta simili a quelle indirizzate a Bezos non ci furono. Forse Noto merita meno attenzioni di Venezia, agli occhi degli attivisti? O forse Noto può diventare un "parco giochi per ricchi", come è stato detto per i Ferragni, mentre Venezia no? Questo marcato doppiopesiosmo solleva interrogativi sulla coerenza dell'azione e della critica di certi movimenti. Non si tratta di negare la rilevanza del dibattito sull'impatto del turismo di lusso o sulla gestione dei grandi eventi. Piuttosto, si tratta di interrogarsi sul perché l'indignazione sia così selettiva. Le risposte sono già note, viste le sigle che hanno partecipato alle manifestazioni: il bersaglio non viene scelto in base all'effettivo impatto di un evento, quanto piuttosto alla sua capacità di incarnare un "nemico" ideologico predefinito. Jeff Bezos, in quanto emblema del capitalismo, odiato da questi movimenti, è diventato il catalizzatore perfetto.
Eppure, anche Ferragni ai tempi era un simbolo del capitalismo, della ricchezza smisurata. L'obiettivo dell'attivismo è davvero promuovere un cambiamento reale e una maggiore sostenibilità? La logica dei due pesi e due misure suggerisce il contrario.