Cara Valeria, ho una collega scorretta e insopportabile. La classica persona che si nutre di competizione. Ed evidentemente ha scelto me come bersaglio anche se la cosa mi lascia alquanto stupita perché in teoria bisognerebbe gareggiare con chi è simile a noi, mentre non riuscirei a immaginare due persone più diverse da noi due. Da tutti i punti di vista: fisicamente, professionalmente, caratterialmente, per quanto riguarda i gusti e i modi di rapportarsi al prossimo. Purtroppo lei è molto più concentrata su di me di quanto io lo sia su di lei. Il che la porta ad osservare ogni cosa mi riguardi in maniera ossessiva. Mentre, se non fossimo costrette nello stesso ambiente lavorativo e se i refoli del suo veleno non arrivassero sempre a schizzarmi le scarpe, io non sarei neppure al corrente della sua esistenza. Intendo dire che a me non interessa affatto cosa faccia lei, non è una persona che ammiro, che userei da ispirazione, che vorrei come amica. Lei mi detesta ma continua a starmi addosso, a imitare il mio modo di vestire, a ingaggiare una specie di sfida alla quale io mi guardo bene dal partecipare. Al contrario, vorrei soltanto rendermi invisibile ai suoi occhi e al suo gruppo dei suoi “amichetti”. Tra l’altro non capisco perché una persona alla quale sono tanto invisa, segua tutto ciò che mi riguarda. Non farebbe prima a ignorarmi come faccio io con lei?
Enrica B.S.
Cara Enrica, temo che sia finita nel mirino di una “vampira”. La classica persona che si nutre del prossimo e, come dice lei, di competizione. Sono esseri che hanno la necessità di alimentare il proprio motore secco con la benzina del conflitto. Ingaggiando gare col prossimo, spesso all’insaputa del prossimo stesso. Hanno un disperato bisogno del confronto per capire chi sono e, in assenza di una personalità definita, succhiano linfa dagli altri: l’emulazione è il loro schema preferito. Un po’ per ispirarsi, un po’ per fagocitare la preda.