Italiani si nasce o si diventa?

Saman Abbas e gli "italiani" d'oriente: la cittadinanza è fondamentale per l'integrazione?

Italiani si nasce o si diventa?
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Cosa accade tra le stanze damascate dei palazzi della politica? Cosa si sussurrano i deputati tra un caffè e l'altro? A Roma non ci sono segreti, soprattutto a La Buvette. Un podcast settimanale per raccontare tutti i retroscena della politica. Gli accordi, i tradimenti e le giravolte dei leader fino ai più piccoli dei parlamentari, pronti a tutto pur di non perdere il privilegio, la poltrona. Il potere. Ognuno gioca la propria partita, ma non tutti riescono a vincerla. A salvarsi saranno davvero in pochi, soprattutto dopo il taglio delle poltrone. Il gioco preferito? Fare fuori "l'altro". Il parlamento è il nuovo Squid Game.

Cari amici de La Buvette la settimana appena trascorsa è stata caratterizzata da polemiche e tensioni tra i membri della maggiornaza di Governo. Al centro del dibattito la cittadinanza italiana agli stranieri. Forza Italia torna sul tema (dopo un’estate rovente) e presenta un disegno di legge mandando in fibrillazione Matteo Salvini e la Lega che, di dare la cittadinanza agli stranieri, non ne vogliono sentir parlare. L’Italia è il primo Paese europeo a dare più cittadinanze, c’è davvero la necessità di rivedere la legge? È la domanda che serpeggia tra le stanze del potere. Oggi, però, vogliamo concentrarci su un altro focus: dare la cittadinanza agli immigrati può essere una soluzione al problema dell’integrazione? I casi di cronaca ci dicono di no. Un esempio è quello di Saman Abbas, una giovane pakistana che, a causa del suo voler vivere all’occidentale è stata punita con la morte. A porre fine alla sua vita gli stessi genitori. Un dramma che ha fatto discutere molto non solo gli italiani ma anche la politica. Un tema “caldo” che il giornalista Giammarco Menga, inviato della trasmissione televisiva di successo Quarto Grado, ha affrontato nel suo libro Il delitto di Saman.

Giammarco, chi era Saman?

“Saman era una giovane diciottenne a metà tra l’Oriente e l’Occidente. Voleva cercare sé stessa abbracciando la cultura occidentale, ma tenendo quello che di buono c’era nella cultura orientale. Non ha fatto in tempo a diventare chi voleva essere perché è stata uccisa da questo clan, dalla sua famiglia che le ha negato la libertà.”

Tu che lì, a Novellara, ci sei stato molte volte e hai avuto modo di incontrare la nutrita comunità pakistana, pensi che sia possibile l’integrazione vera?

“Dipende molto dalla volontà di ognuno, ci sono varie comunità - io ho parlato con tante persone - ed è tutta una questione di volontà, di volersi integrare, di volersi aprire ad una nuova cultura. Credo che la strada sia ancora molto lunga. Molte famiglie come quella di Saman arrivano in Italia solo per scopi economici e questo non aiuta l’integrazione.”

Il delitto di Saman parla di questo delitto atroce, possiamo definirlo un delitto culturale?

“Esattamente, non è religioso ma culturale. Le statistiche ci dicono che ancora oggi è un delitto diffuso in paesi come il Pakistan. L’apparenza conta più dell’essere, anche a costo di mettere da parte l’amore primordiale di due genitori nei confronti della figlia. Una figlia che era diventata ingestibile, che non avrebbe sposato il cugino promesso sposo e che quindi è stata uccisa nel nome dell’onore.”

La cittadinanza a Saman, alla sua famiglia, avrebbe cambiato le cose?

“Credo poco o nulla, perchè più che un’etichetta qui parliamo di mentalità. Sicuramente Saman è stata definita una ragazza italiana, per me era una ragazza che sarebbe voluta (magari) diventare italiana. La famiglia non voleva integrarsi, quindi la cittadinanza poco avrebbe cambiato nella mente di queste persone.”

La cittadinanza potrebbe contribuire a colmare la distanza tra Oriente e Occidente?

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