Cinquantadue anni lui, quindici lei. Ma per i giudici non c'è reato. Perché? Nonostante la ragazzina e i suoi genitori sostengano il contrario, la protagonista di questa folle storia d'amore cominciata in chat era consenziente. Anche quando i due, dopo una serie di messaggi, e foto senza veli, scambiati in rete si incontrano e consumano un rapporto sessuale completo. Lo stabilisce una sentenza del Tribunale di Venezia che chiude un procedimento durato cinque anni. A rigettare le accuse un collegio di tre magistrati donne che mercoledì scorso ha prosciolto il 52enne. Al termine della requisitoria il pm, Giovanna Zorzi, aveva chiesto una pena di otto anni. Il fatto non sussiste per i suoi colleghi giudicanti: «C'era il consenso» ribadiscono in aula con la lettura della dispositivo che assolve l'indagato per non aver commesso il fatto. Ovvero aver consumato rapporti sessuali con una minorenne. Inizia
tutto in chat, i due si scambiano like come se piovesse. Sembrano due adolescenti innamorati, peccato che uno dei due, lui, ha più del triplo degli anni di lei. Lui chiede insistentemente di incontrare la sua nuova fiamma, lei, secondo quanto raccontato dalla ragazza ai suoi genitori che hanno sporto denuncia, non vuole. Quei «mi piace» alle foto postate su Instagram, complimenti e messaggi sempre più spinti avrebbero convinto i magistrati che fra i due le cose andavano diversamente. Per il pm i rapporti sarebbero avvenuti dopo che lui «chiedeva insistentemente di potersi incontrare di persona» anche a fronte di «rifiuti categorici della ragazzina». E il rapporto completo? Avvenuto «nonostante la sua opposizione manifesta», sempre secondo l'accusa. Ascoltata in aula come testimone, la ragazza, oggi ventenne, non ha convinto la giuria. «Inverosimile» la sua versione, a fronte dei messaggi inviati dalla stessa al 52enne. Uno di questi: «Sei mio». Eppoi i video che lasciano poco spazio alla fantasia. Immancabili le polemiche. «La sentenza ci riporta indietro di 30 anni - commenta l'avvocata Maria Teresa Manente, responsabile dell'ufficio legale di Differenza Donna -. Ancora una volta non si crede a una ragazza, la si accusa di aver provocato. Il lei ci sta diventa prova contro la sua parola, si sostiene sia stato il suo comportamento a
legittimare la condotta di un uomo adulto». «Le dinamiche che apprendiamo dai media - sottolinea Elisa Ercoli presidente di Differenza Donna - ci raccontano di una prassi di adescamento sui social o su sistemi di instant messaging, di cui spesso le ragazze giovanissime cadono vittime. Il loro iniziale stare in quella relazione violenta non significa il loro consenso a situazioni in cui si troveranno coinvolte». Stesso tenore per la sociologa Lella Palladino, vice presidente della fondazione Una Nessuna Centomila: «Tema principale di questa sentenza, molto discutibile, è che cosa si intende per consenso. Esiste una relazione fortissima di potere tra un uomo così adulto e una ragazzina di 15 anni.
In quale modo può aver prestato, consapevolmente, un vero consenso a una relazione sessuale? Una minore, per quanto possa aver fatto esperienze sessuali precoci - conclude - resta una minore. L'atteggiamento, come a dire se l'è cercata, dimentica non solo l'aspetto giuridico di minore in quanto tale ma anche il fatto che la minore età non la rende una persona pienamente consapevole».