Andrea Acquarone
da Busto Arsizio
In aula incontro sospeso. La battaglia a colpi di codici e codicilli, tra accuse e difese, ricomincerà a settembre. Le Bestie di satana possono aspettare, la giustizia va in vacanza. Fuori, invece, al termine dellennesima udienza infarcita di testimoni, lincontro comincia. E a suon di cazzotti. Era immaginabile che prima o poi accadesse. A venire alle mani, in un mezzogiorno di fuoco arroventato dal dolore e dalle parole mai dette, dai rancori e dalla voglia di vendetta, il padre di una delle vittime, Chiara Marino, e quello di uno degli imputati, ovvero il papà di Nicola Sapone, lidraulico accusato di esser uno dei capi di questa setta di assassini invasati travestiti da musicisti dark. Gli sguardi cattivi, le provocazioni e gli insulti dei mesi scorsi non potevano non provocare reazioni. E ora al processo si aggiunge una denuncia in più: quella di Paolo Sapone che ai carabinieri di Busto ha denunciato laggressione da parte di Savino Marino.
«Sono stato provocato», spiega il genitore della ragazza uccisa dalla banda «metallica», lui mi si è avvicinato arrogante sussurrandomi: «Ma quanto c...zo vuoi per tua figlia?. Col tono del mafioso. Io faccio loperaio, sudo e sgobbo duro per vivere, ma se qualcuno usa certi metodi so diventare peggio di lui. Per questo lho colpito con un pugno.l Mi spiace che mi abbiano fermato».
Cerano le telecamere delle tv, cerano i fotografi. Diversa la versione di Sapone, sul viso unescoriazione segno della zuffa. «Io non gli ho detto proprio nulla. Cera molta gente intorno, non sono stupido. È lui che cercava la lite: non è la prima volta, ci aveva gia provato. Si è avvicinato sfidandomi: Vuoi dirmi qualcosa?, ha sbraitato. «Gli ho risposto di no - chiarisce Sapone -, e ho aggiunto che se lui voleva parlare con me non era certo quello il posto per farlo... Mi è saltato addosso». Niente di grave, ma il segno di una tensione che solo una giusta sentenza potrà forse un giorno sopire. «I soldi non ci renderanno mai i nostri figli», si lamentavano ancora una volta in lacrime le madri della vittime.
Per tutta la mattina, in Corte dassise, ancora una volta si erano susseguite le testimonianze. Davanti ai giudici anche Mirko L. 28 anni, artigiano orafo, che aveva frequentato la banda fra il 1996 e il 1997, prima che avvenissero gli omicidi. Ricordare lo ha fatto star male: per mezzora processo sospeso. «Ho ancora paura di loro e quando li vedo...», ha mormorato rientrando in aula. Precisando poi che quando ha lasciato il gruppo è andato prima da un esorcista, poi da un vescovo «che mi ha benedetto». Ha passato anche anni in cura da uno psichiatra per combattere «la paura, la sensazione continua di essere spiato e perseguitato». Chissà se anche questa era solo una fobia: «Un mese fa due giovani mi hanno avvicinato e poi mi hanno scrutato senza parlarmi». Secondo il teste un tentativo di intimidazione in vista del processo.
Lorafo, dallaria diafana e il fisico esile, ha raccontato episodi relativi alliniziazione al rito di Satana. «Ho dovuto bere due bottiglie di prosecco caldo e camminare con le scarpe invertite». Fino al patto di sangue e le punizioni di cui fu oggetto Fabio Tollis, che voleva ribellarsi. «Paolo Leone lo morsicò sul collo - ha raccontato - e gli altri spensero le sigarette sulle sue braccia per punirlo di aver fatto delle avance alla sua fidanzata Serena».
Alludienza di oggi hanno testimoniato anche alcune compagne di classe di Elisabetta Ballarin che hanno riferito dellinteresse di Elisabetta per loccultismo e lo spiritismo. Le ragazze hanno raccontato che Elisabetta aveva graffi sulle braccia, sulla pancia e sulla schiena, frutto degli incontri sessuali con Paolo Volpe che lei presentava come «il braccio destro di Satana».
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