da New York
Summit alla Casa Bianca per fare il punto sulla crisi delle «Big Three» dellauto a stelle e strisce. A George W. Bush i vertici di General Motors, Ford e Chrysler, rispettivamente, Rick Wagoner, Alan Mulally e Tom LaSorda, hanno chiesto non incentivi sul tipo di quelli decisi nel 1979 per dare ossigeno alle vendite e al comparto, ma maggiore attenzione per la soluzione di alcune distorsioni di mercato che, per i costruttori Usa, danno un vantaggio ai rivali stranieri, Toyota in testa. Nel dettaglio, sulla base di stime di settore, su ogni vettura prodotta pende un onere di 1.000 dollari riferibile alle spese sostenute per la tutela sanitaria di lavoratori attivi e pensionati. Una tassa «occulta», che vale più dellacciaio usato per produrre le auto e che dà vantaggio competitivo a tutti gli operatori che producono allestero.
Detroit, in altri termini, ammette di aver certamente perso smalto e di dover proseguire sul fronte del risanamento, ma punta a eliminare gli svantaggi esistenti che potrebbero rendere vano qualsiasi tipo di sforzo. Nellincontro sono stati sollecitati interventi per evitare che una svalutazione artificiosa dello yen renda le auto nipponiche ancora più appetibili per i consumatori Usa, ma su questo punto - secondo quanto riferito da Wagoner - si sarebbe registrato un disaccordo con Bush, che ha sempre ribadito come inaccettabile lipotesi di soccorso allauto.
I risultati, a eccezione di Chrysler che continua a soffrire, mostrano segnali di ripresa. In più, Ford ha annunciato proprio in giornata di aver rettificato i conti relativi agli esercizi compresi tra il 2001 e il 2006, oltre a quelli riferiti allesercizio in corso, per la necessità di iscrivere correttamente in bilancio alcune transazioni sugli strumenti derivati, oltre che determinati beni immateriali. Per quanto riguarda in particolare il terzo trimestre e i primi nove mesi dellesercizio 2006, il ricalcolo ha avuto come conseguenza la riduzione delle perdite rispetto a quanto reso noto a suo tempo.
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