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Flaminio Bertoni, genio italiano in terra francese

Flaminio Bertoni è stato un artista completo prestato all'automobile, un italiano che ha fatto le fortune della Francia e della Citroën in particolare

Flaminio Bertoni, genio italiano in terra francese
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È probabilmente per geni come lui, che è stato coniato il detto "nemo propheta in patria", nessuno è profeta nella propria patria. Flaminio Bertoni all'interno dei confini nazionali ha trovato delle briglie, dei lacci difficili da sciogliere e opprimenti per la sua straripante esuberanza feconda, mentre in Francia la sua creatività e il suo acume hanno rinvenuto terreno fertile. Tuttavia, Bertoni ha sempre dimostrato di rispettare e amare la sua nazione d'origine, anche se ha messo al servizio di Citroën il suo estro e il suo talento fuori dal comune, facendo le fortune del marchio parigino. Pensare che simboli di "francesità" assoluta su quattro ruote, come la DS e la 2CV, sono state concepite dalla mano ferma e tagliante di un cugino d'oltralpe.

Da Varese a Parigi

Flaminio Bertoni nasce nel 1903 nella provincia lombarda, precisamente a Masnago, un piccolo rione della città di Varese. È un talento precoce e un persona curiosa. Si interessa di ogni ramo che l'ingegno e l'intelletto umano possano coltivare: è un fine letterato, un abile pittore, un attento scultore, un talentuoso progettista e un mirabile disegnatore. È un artista a tutto tondo. Conseguita in giovane età la licenza tecnica, viene assunto dalla carrozzeria Macchi, un'istituzione nella zona varesina. Flaminio si mette in mostra con progetti fuori dal comune e difficilmente comprensibili per gli uomini del suo tempo. I colleghi lo scherniscono, specialmente dopo che presenta un veicolo così aerodinamico e schiacciato che sembra trafiggere l'aria come farebbe il coltello con un panetto di burro. Tutti gli dicono che il suo prototipo sembra più un aeroplano che un'automobile.

Bertoni

Fumantino e irascibile, Bertoni è sicuro e convinto ciecamente delle proprie qualità, così spinto da alcuni designer francesi muove alla volta di Parigi, che negli anni Venti è un centro di ricerca che mira all'avanguardia della tecnica. Armato di coraggio e incoscienza, Flaminio bussa alla porta di André Citroën, il grande capo della fabbrica automobilistica che porta il suo nome. Anche Citroën è un visionario e ha la presunzione di capire al volo le qualità di un essere umano. Accolto nel proprio ufficio lo sfrontato Bertoni, l'industrale osserva con cura maniacale il plico dei disegni e ne ammira la fantasia e l'inventiva. Più che altro rimane colpito dal brevetto per il sollevamento pneumatico dei finestrini. Un talento del genere merita una chance. Senza pensarci due volte, Bertoni si guadagna una scrivania al XV arrondissement con benedizione del patron André in persona.

Bertoni disegna la Traction Avant

Dopo alcuni anni di apprendistato in riva alla Senna, Bertoni sente forte il richiamo dell'Italia e pianifica di ritornare a Varese, dove apre un centro di ricerca automobilistica. Le sue idee si dimostrano ancora una volta troppo avanti per l'industria italiana, che preferisce produrre veicoli buoni per il presente, anziché tuffarsi in pericolose avventure che hanno il sapore del domani. Un po' a malincuore, Flaminio riprende le sue valigie cariche di sogni e idee per ribussare alla porta di Citroën. Come nella parabola del "figliol prodigo", il designer viene ricondotto con grande felicità nella famiglia del Double Chevron.

Citroen Traction Avant

Arrivano gli anni Trenta, nel cassetto c'è il sogno di dare al mondo un'auto innovativa, genuina e che possa migliorare l'esistenza degli automobilisti. Deve essere non convenzionale e fuori dal comune. A studiare le soluzione tecniche ci pensa André Lefèbvre, mentre la fantasia stilistica, liberata da ogni catena, è di Bertoni. Il lavoro dell'italiano è ammirevole per il suo senso avveniristico, perché fino a quel momento nessuno aveva mai osato delle linee tanto snelle, filanti e basse; spesso le automobili dell'epoca erano ancora legate a doppio filo alle vecchie carrozze trainate da cavalli, non a vapore. Dentro al progetto di Flaminio ci sono i concetti del Bauhaus e la simmetria di Le Corbusier. Inoltre, per la prima volta viene utilizzato un modello in scala, in tre dimensioni, favorito dalle doti di scultore dello stesso Bertoni. Così, nel 1934 prende vita la 7CV, che tutti chiameranno Traction Avant.

Lo zampino sulla 2CV e la gestazione della DS

Il dogma alla base della filosofia di Bertoni è uno soltanto: la forma è funzionale all'utilizzo. Prima di tutto bisogna ricercare l'utilità, poi si può passare alla bellezza. In ogni caso, non si può prescindere da queste due cose, nessuna va sacrificata ma entrambe valorizzate. Questo principio viene immesso in tutte le vetture francesi che passano sotto alle sue mani, anche dentro a quella 2CV che inizialmente lo vede escluso dallo sviluppo. La direzione è categorica: "Tenete fuori l'italiano". Ma Bertoni ha seminato bene tra i suoi collaboratori e, dopo la Seconda Guerra Mondiale, interviene direttamente e pesantemente sullo stile della coraggiosa utilitaria di Citroën, che grazie alla sua matita diventa simpatica e brillante, conquista prima i galloni di principessa di Francia e, successivamente, di leggenda.

Citroen 2CV
2CV Spot

La firma del grande Flaminio viene immessa anche sulla DS, una dea della strada, così avanti da sembrare un'astronave su quattro ruote. Un salotto borghese, fresco e moderno in cui il massimo della libidine è viaggiare in estrema comodità e morbidezza, come su un tappeto volante. La DS è un veicolo che entra nella storia come simbolo e orgoglio francese, al pari della statica e immortale Tour Eiffel. A Bertoni nel 1961 giunge un importante e meritato tributo: la nomina a Cavaliere dell'Ordine delle Arti e delle Lettere francese. Tre anni più tardi, colto da un ictus, Flamimio muore quando ha 61 anni. Viene seppellito ad Antony, piccola cittadina transalpina, lasciando moglie e figli.

La sua eredità è invece eterna.

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