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Giuseppe Scarnati, il padre della Giulia e dell'Alfetta

Giuseppe Scarnati è stato l'uomo simbolo dello stile Alfa Romeo del secondo dopoguerra, realizzando delle vetture eterne coma la Giulia e l'Alfetta

Da sinistra a destra: Ermanno Cressoni, Carla Spada, Ivo Colucci, Giuseppe Scarnati e Ernesto Gastaldelli.
Da sinistra a destra: Ermanno Cressoni, Carla Spada, Ivo Colucci, Giuseppe Scarnati e Ernesto Gastaldelli.

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Giuseppe Scarnati, il padre della Giulia e dell'Alfetta

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Se oggi possiamo immaginarci dei fari aggressivi che squarciano la notte più buia, e al contempo, scorgere delle linee tese e veder brillare nel mezzo della calandra un robusto scudo Alfa Romeo che si erge con fierezza, il merito va anche a Giuseppe Scarnati. Quest'ultimo ha speso gran parte della sua vita negli uffici del Biscione, occupando tantissime mansioni, sporcandosi le mani in prima persona e viaggiando su e giù per l'Italia, come una pallina da flipper impazzita, per portare avanti gli interessi della Casa milanese. Il suo più grande merito, però, è probabilmente quello di averci dato la definizione migliore di berlina sportiva, di auto da famiglia con il coltello tra i denti, modellando su carta delle linee che esaltano la filosofia Alfa nella sua espressione più elevata. Scarnati è il papà della Giulia e dell'Alfetta, due vetture da primato, delle incantevoli signore che hanno reso grande tanto l'Alfa Romeo quanto l'Italia.

A cavallo della Seconda Guerra Mondiale

Giuseppe Scarnati arriva in Alfa Romeo nel 1936, in qualità di ingegnere, ai tempi in cui il marchio milanese costringe Henry Ford a togliersi il capello ogniqualvolta vede una macchina del Biscione scorrere sotto ai suoi occhi. In questa prima fase affianca l'ingenger Finotti, e insieme si occupano dell’ufficio progettazione carrozzeria. Sono anni in cui la manualità e l'artigianalità regolano la vita delle fabbriche, facendo la differenza a livello qualitativo tra un marchio e un altro. Quando l'Italia entra in guerra, anche l'Alfa è costretta a dare il suo contributo, fornendo le proprie energie allo sforzo bellico. Nello stabilimento di Pomigliano d'Arco si progettano motori per velivoli e Scarnati è invitato a trasferirsi nel Meridione per occuparsi del complesso aeronautico diretto da Raimondo Gatti. Sono anni turbolenti e Scarnati deve fare la spola tra Nord e Sud, perché il suo ufficio viene trasferito sul lago d'Orta. Nel 1944, con l'Italia occupata dalle forze d'armata tedesche, l'ingegnere porta avanti dei corsi serali in cui spiega i disegni tecnici ai manovali. Una volta che il conflitto si spegne, lasciando dietro di sé macerie e devastazione, anche Scarnati torna a Milano. Le fabbriche Alfa Romeo hanno subito dei cospicui bombardamenti, ma una volta ripresa l'attività, con sudore e olio di gomito, l'attività rifiorisce come la vita a primavera.

Alfa Romeo 8C
Alfa Romeo 8C 2900B del 1938

Lo stile Alfa Romeo

Quando il sito del Portello torna a pieno regime, anche lo stato di salute dell'Alfa Romeo mette la freccia all'insù. A Scarnati viene affidato il compito di istituire e dirigere il neonato Centro Stile, l'epicentro della creatività e del design che ha il dovere di rendere irresistibili e seducenti tutte le macchine che vengono prodotte dall'azienda. Nel 1959 gli vengono messi sotto mano alcuni dipendenti e un capannone che viene trasformato in un antro delle meraviglie, che serve ad ammodernare e migliorare i modelli già in produzione. Quando il quadro è completo, il direttore della produzione Orazio Satta gli affida il primo progetto ex novo: un'utilitaria di piccole dimensioni con nome in codice Tipo 103. La vettura non vedrà mai la luce, resterà soltanto un progetto embrionale relegato allo stato di prototipo, ma sarà fondamentale per capire quale fosse la strada da prendere. Infatti, grazie a questo modello si tracciano alcuni degli stilemi che serviranno per delineare la silhouette della futura Giulia.

Alfa Romeo Giulia
Alfa Romeo Giulia Super

L'eredità di Scarnati

Sotto la sua egida, il Centro Stile sforna dei capolavori che proiettano l'Alfa Romeo in uno spazio ambito, infatti le sue auto diventano degli status symbol, degli oggetti che innescano desiderio e voglia di possesso. Sono uno stimolo per le persone, un incoraggiamento a fare del proprio meglio per parcheggiare una fiammante Alfa nel proprio vialetto di casa. La prima a generare questa isteria collettiva è la Giulietta del 1955, la fidanzata degli italiani, che arriva ancora prima del Centro Stile, poi scatta il tempo della Giulia e, infine quello dell'Alfetta. Scarnati disegna la Giulia come una berlina spigolosa, magnetica e aggressiva, mentre per l'Alfetta immagina un profilo più morbido ma altrettanto carismatico. Entrambe sono - forse - il più grande esempio di berline d'assalto, tanto belle da guardare quanto favolose da guidare. Delle macchine affilate come un rasoio, elettrizzanti e coinvolgenti.

Scarnati si ritira dalla scene nel 1974, lasciando in eredità dei pezzi di storia dal valore inestimabile.

Alfetta
L'Alfetta del 1972

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