Gli avvocati protestano e i cittadini restano senza giustizia

Gli avvocati protestano contro il Decreto Bersani sulle liberalizzazioni e si asterranno dal lavoro, ovvero sciopereranno, per 12 giorni a partire dal 10 luglio. L’astensione dal lavoro è prevista dalla Costituzione. Ma la protesta degli avvocati, pur legittima, contro chi è diretta? Il governo, verso cui, mi sembra, protestano, non è il loro datore di lavoro che, se non erro, è dato dall’insieme composito di cittadini che hanno da risolvere un contenzioso. Sono loro che subiscono un danno, innanzitutto morale, in quanto vedranno ritardare l’iter del procedimento processuale e aumentare le spese. Insomma, è sempre il povero diavolo a pagare vedendo, per di più, umiliati i propri diritti proprio da chi paga perché li difenda. Allora, bisogna chiamare la «protesta» col giusto nome, una «pressione» che l’«Ordine» intende esercitare sul governo per indurlo a ritirare la parte del Decreto che li riguarda.

Potrebbero praticare la pressione in modo diverso, continuando a esercitare la funzioni per cui vengono pagati da una parte che, non dimentichiamolo, è «terza»: autosospendendosi dal pagamento delle tasse per i giorni di protesta (in questo caso 12 su 365), non fumando e non acquistando benzina e alcolici (danneggiando così l’erario), recandosi in Tribunale con la barba e i capelli incolti o difendendo gratuitamente i poveri. Ma lasciando in pace i cittadini e clienti, compiendo il proprio dovere di professionisti.

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