Ariela Piattelli
da Roma
Sostegno allo Stato d'Israele, vittima di un congiunto atto terroristico ad opera di Hamas e Hezbollah. Così inizia il primo documento approvato all'unanimità dal Consiglio dell'Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane), che si è riunito ieri per deliberare la nomina del nuovo presidente. Mentre tutti i pronostici degli ultimi giorni davano favorito il giovane Claudio Morpurgo (lista Per Israele), è stato eletto all'unanimità Renzo Gattegna (Per Israele). L'avvocato civilista romano che guiderà l'Ucei ha 67 anni, è sposato, ha due figli ed è considerato un «veterano» delle istituzioni comunitarie (è stato nel consiglio della Comunità ebraica di Roma e dell'Ucei negli ultimi quattro anni). Tra i molti attestati di stima che gli sono subito arrivati, anche «le congratulazioni più vive» di Fausto Bertinotti, a nome suo e di tutta la Camera e gli «auguri di buon lavoro» di Romano Prodi.
Anche se il congresso si è svolto sotto il segno dello slogan «largo ai giovani», ai neoconsiglieri è sembrato opportuno nominare un presidente «maturo», che possa mediare le diverse anime che compongono l'ebraismo italiano. Contraddizione? Niente affatto. «Non c'è contraddizione, perché il presidente deve moderare, organizzare e dirigere - dice Gattegna -. La mia elezione è frutto della convergenza di opinione degli altri consiglieri (molti dei quali giovani), che hanno ritenuto che io potessi garantire un certo equilibrio interno».
Nessuna polemica con Morpurgo, anzi è stato proprio lui a fare un passo indietro e a proporre Gattegna alla presidenza. «Avevo escluso la mia disponibilità per la presidenza, per motivi professionali - dice il neoeletto - La mia candidatura è stata posta dallo stesso Morpurgo, che ha deciso di ritirare la sua per motivi personali. Morpurgo sarà comunque vicepresidente dell'Ucei».
Sull'agenda del neopresidente la prima voce è la drammatica vicenda del Medioriente: «Vogliamo che si capisca che Israele non è soltanto l'unico Paese democratico del Medioriente - dice Gattegna - ma è anche uno Stato che aspira alla pace. Purtroppo anche i segnali che sono stati mandati (ritiro dal Libano e evacuazione da Gaza), non sono stati raccolti e non hanno trovato alcun interlocutore. Anzi, questi segnali sono stati fraintesi volutamente come azioni a seguito di una sconfitta. La pausa che c'è stata è stata sfruttata solo per preparare altri attacchi». Ed anche se Gattegna riconosce che Prodi ha corretto in parte il tiro sulla questione mediorientale, mostra qualche perplessità sull'uscita dalemiana a proposito della «reazione sproporzionata d'Israele»: «La proporzione e la sproporzione sono difficili da valutare stando comodamente in Europa o in Italia - spiega Gattegna - ma vanno valutate da chi subisce sulla propria pelle continui lanci di missili e di bombe e vive nell'insicurezza malgrado gli sforzi che sta facendo. Prima del sequestro del soldato ci sono stati centinaia di missili e razzi lanciati su Israele: un sistematico bombardamento nei territori popolati dai civili. Chiediamo al governo italiano di comprendere che le azioni di Israele non sono dettate da spirito di vendetta o rappresaglia, ma mirano a realizzare condizioni di sicurezza».
Ma non è soltanto un legame di carattere «sentimentale» quello tra gli ebrei italiani e Israele. Spesso è un rapporto vissuto giorno per giorno con famigliari e amici che vivono li. Claudia De Benedetti, la più votata dell'Ucei, appena tornata da Gerusalemme racconta le ultime ore di angoscia: «Mi trovavo lì quando abbiamo appreso che a bordo della nave colpita dai missili a Haifa venerdì, c'era un ragazzo, figlio di un ebreo italiano.
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