Gli azzurri sfiduciano Bocchino: «Ormai non ci rappresenta più»

RomaNel giorno degli inviti alla calma, delle riunioni che rinviano ogni decisione a quando si potrà ragionare a mente fredda, l’unica poltrona che ieri ancora traballava vistosamente era quella del vicecapogruppo Pdl alla Camera. Su Italo Bocchino sono piovuti gli strali dei parlamentari. Alcuni in privato, durante le riunioni post-direzione e nei contatti tra esponenti del Popolo della libertà. Poi c’erano le richieste ufficiali di dimissioni, arrivate dal gruppo e dal partito mentre Palazzo Chigi invitava a non spingere oltre la polemica con Gianfranco Fini.
Del caso si è occupato anche il vertice che si è tenuto dopo il Consiglio dei ministri. Il messaggio di Palazzo Chigi ai deputati Pdl è stato di frenare, in attesa delle prossime tappe politiche rilevanti. Ad esempio i prossimi interventi pubblici di Fini. Si parla di due uscite televisive in agenda: domani da Lucia Annunziata su Rai3 e martedì a Ballarò. Poi c’è l’incontro del presidente della Camera con i suoi, lunedì. Il destino di Bocchino dipende dalle cose che dirà Fini. E anche da come svolgerà il suo ruolo in Parlamento. Se qualcosa andrà storto - ripetevano in molti ieri nel Pdl - sarà lui il primo a saltare. Sull’esponente finiano è già pronta una mozione di sfiducia firmata da deputati Pdl, che però ieri è rimasta nel cassetto. Comunque pronta per essere riutilizzata, come emerge dagli umori dei molti deputati poco disposti al perdono.
Diretto il ragionamento del coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini: «Le cariche di partito sono una cosa, le funzioni di partito un’altra. Il vicecapogruppo deve godere della fiducia della maggioranza dei parlamentari in base a un programma preciso. Ovvio che, ove mai questo programma venisse messo sistematicamente in discussione, un problema di compatibilità si porrebbe da sé».
Per Gabriele Toccafondi, deputato Pdl, le conclusioni si possono trarre già oggi: «Che senso ha avere un vicecapogruppo alla Camera che rappresenta non più un importante componente dentro il Pdl ma una ristretta minoranza?» «Dalle dichiarazioni di Bocchino contro il partito e contro Verdini mi sembra evidente come questa persona non rappresenti più il Pdl. Se avesse dignità politica si dovrebbe dimettere da vicecapogruppo», ha rilanciato il presidente della commissione Difesa della Camera, ora alla guida della provincia di Salerno, Edmondo Cirielli, ex esponente di An.
Bocchino ieri non si è tirato indietro. Il vicecapogruppo ha alimentato la polemica sul voto della direzione. «Verdini è un furbo manovriere di assemblee, ha contato solo i contrari, non i favorevoli e i numeri del documento finale sono errati». I calcoli dei finiani sono radicalmente diversi rispetto a quelli della direzione: «Hanno votato una sessantina a favore e 13 contrari», ha riferito Bocchino. Polemica sui numeri anche da Flavia Perina: «Prova della moviola non c’è. Niente telecamere, niente fotografi in sala. La prossima volta, magari ci si attrezzerà.
La versione ufficiale è stata comunicata direttamente dall’ufficio stampa del Pdl: «È stata fatta una votazione trasparente e il controllo sui contrari è stato effettuato ben tre volte e ad alta voce, senza che in sala nessuno lo mettesse in discussione. Hanno preso parte alla direzione nazionale 170 componenti su 172. Unici due assenti giustificati Gianstefano Frigerio e Marcello Dell’Utri. Poiché erano tutti presenti, è evidentissimo che se in 11 hanno votato contro e uno si è astenuto, tutti gli altri 158 hanno votato a favore».
Ne fa una questione di numeri anche Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato ed ex colonnello di An: «La stragrande maggioranza degli ex An non li segue: un conto è firmare la solidarietà a Fini, un altro è seguirlo in un gruppo. In questo momento la minoranza finiana mi sembra sopravvalutata e sovrarappresentata, basti pensare che nell’ufficio di presidenza del partito gli ex An sono 9, di cui 4 della minoranza. È troppo, ma non ci appelleremo al Tar per questo...». Capitolo direzione chiuso, quindi. L’unica conta rimane quella tra gli ex An sul territorio.

Il documento contro le divisioni, quello degli ex An contrari allo strappo di Fini, è stato sottoposto agli assessori e agli eletti nei consiglio regionali che provengono dal partito della destra. Su 120, in 100 hanno già aderito alla maggioranza di An. Firme pesanti, di esponenti Pdl che hanno raccolto voti.

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