Bagnasco corregge D’Alema: la Chiesa non vuole il potere

Il cardinale replica all’allarme dell’ex vicepremier: «In Italia nessun rischio di una religione civile»

Bagnasco corregge D’Alema: la Chiesa non vuole il potere

da Roma

In Italia non c’è il rischio di una «religione civile», non esiste un’alleanza tra «trono» e «altare», la laicità è un valore per i cristiani e la tentazione del potere per la Chiesa è appunto una tentazione. Risponde pacatamente alle critiche di Massimo D’Alema il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che ieri ha incontrato i giornalisti al termine della 58° assemblea generale dell’episcopato italiano.
Come si ricorderà, nei giorni scorsi, chiudendo la «summer school» della Fondazione Italianieuropei, D’Alema aveva parlato di «religione e democrazia» paventando l’alleanza tra la destra e la religione cattolica che metterebbe a rischio i fondamenti dello Stato laico e la natura stessa della Chiesa. La tentazione del potere, aveva detto l’ex ministro degli Esteri, è «demoniaca» ed è sempre stata all’origine di «misfatti». Su questi argomenti è intervenuto Bagnasco, sollecitato da varie domande. «Non credo assolutamente che ci sia un rischio di religione civile in Italia – ha detto il presidente della Cei – La religione in tutto il mondo ha ricadute sociali, ma questo non significa la creazione di una religione civile al servizio del trono». «L’altare – ha aggiunto – non deve essere al servizio del trono, e viceversa».
Il cardinale ha ricordato che è possibile ritrovare il fondamento della laicità nello stesso Vangelo, quando parla di dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Un «valore della Chiesa, a cui la Chiesa tiene», ha aggiunto il presidente della Cei, che entrando nel merito delle obiezioni di D’Alema ha precisato: «Le tentazioni sono umane e quindi bisogna essere tutti molto attenti. Sicuramente la comunità cristiana ha il compito di essere sale e lievito» ma anche «luce sul candelabro e città sopra il mondo».
La testimonianza evangelica non può dunque essere relegata solo al privato, perché la fede, che «assume tutto l’umano e lo compie» ha anche una rilevanza pubblica, pur non mirando la Chiesa ad alcuna egemonia politica: «Non ci sono forme e volontà di ingerenze nelle cose pubbliche. I vescovi semplicemente esercitano il loro magistero sui temi dell’etica».
Rispondendo a una domanda sull’assenza di cattolici «doc» nella compagine governativa, Bagnasco ha ricordato che «i cattolici non sono necessariamente all’interno di una organizzazione o quelli etichettati come tali» e che dunque i vescovi guardano anche ai risultati e «non solo ai principi affermati e alla devozione» delle persone. Un modo per ribadire che l’attuale governo sarà giudicato alla prova dei fatti più che sulle dichiarazioni di principio.
Il cardinale, che al momento non ha in agenda un incontro con Berlusconi, ha poi spiegato che la richiesta di interventi di sostegno «anche da parte delle istituzioni» per la scuola cattolica è in funzione del «diritto-dovere dei genitori di offrire ai propri figli la forma educativa che ritengono più consona» e «non per il sostegno o il privilegio per quel tipo di scuola anziché per un altro».
Infine, dopo aver risposto a una domanda sulle intercettazioni relative all’inchiesta sugli appalti delle mense genovesi, nelle quali gli indagati vantavano amicizie e appoggi del Segretario di Stato Bertone e dello stesso Bagnasco («il millantato credito è una cosa che esiste sempre e purtroppo esisterà sempre»), il presidente della Cei è tornato sul tema dell’immigrazione e parlando dei Centri di permanenza temporanea ha espresso l’auspicio che «ciò che è temporaneo, non diventi troppo prolungato o addirittura permanente».


«Speriamo - ha concluso - che qualunque provvedimento prenderà il Parlamento sia ispirato alla giusta e doveresa sicurezza dei cittadini» e al «tradizionale senso di accoglienza della nostra comunità cristiana e del nostro popolo».

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