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Ballottaggi: tutte le capriole dell’Udc

In vista dei ballottaggi, gli uomini di Casini contrattano caso per caso l’appoggio ai candidati. In Veneto resta nel Pdl sperando di contenere la Lega, a Bari va con il Pd. A Milano libertà di voto, ma i dirigenti sono convinti che i militanti sceglieranno Podestà (Pdl)

Ballottaggi: tutte le capriole dell’Udc
Milano - Ma dove va l’Udc? Un po’ di qua e un po’ di là. Difficile vedere una direzione precisa in movimenti e trattative aperti in vista del ballottaggio dal partito di Pier Ferdinando Casini. A Bari corre con l’ex pm Michele Emiliano, sinistra. In Veneto resta con il Pdl sperando di contenere la Lega. A Rieti va col centrosinistra. A Cosenza sta col Pdl. A Torino tutto lascia pensare ad accordi con il Pd. A Milano si profila un «liberi tutti» che ha già fatto insorgere i vertici locali del partito, abituati da anni di consolidata alleanza con Pdl e Lega a dire chiaramente da che parte stanno.

Nei palazzi della politica milanese lo chiamano «rito ambrosiano» e racconta le giunte di Comune e Regione che non sono mai state neanche sfiorate dalla traumatica rottura di rapporti tra Pdl e Udc. Hic manebimus optime, restare saldamente al proprio posto, è il motto che ha guidato il partito di Casini nei rapporti con il sindaco, Letizia Moratti, e il presidente della Regione, Roberto Formigoni. Un’alleanza che non si è infranta nemmeno durante la campagna elettorale del 2008. Gianni Verga è assessore comunale alla Casa, Mario Scotti è assessore regionale alla Casa e alle Opere pubbliche. Un settore, quello della casa, caro al partito di Casini.

La contraddizione a Milano è già esplosa. Guido Podestà, il candidato di Pdl e Lega (oltre che coordinatore regionale del Pdl), ha offerto un apparentamento all’Udc in vista del ballottaggio con Filippo Penati. C’è anche il via libera del Carroccio, sancito da Umberto Bossi e confermato dal leader milanese, il battagliero Matteo Salvini che spiega pragmatico: «Siamo pronti a qualsiasi cosa, pure ai democristiani». Ma l’Udc prende tempo fino a lunedì. Nei fatti è un no, dal momento che i termini per un accordo elettorale scadono oggi a mezzogiorno.

«Se a Milano si lascia libertà di voto, gli elettori sceglieranno il centrodestra», ragionano i collaboratori di Casini. Ma la confusione a livello nazionale rischia di rendere inefficace un semplice appello alla coscienza dei singoli e persino un passaparola tra amici e simpatizzanti. «Ci aspettiamo una dichiarazione di voto a favore forte o un programma sottoscritto in comune», spiega il candidato Podestà. Lunedì sarà un vertice romano con Casini e il segretario Lorenzo Cesa a dire l’ultima parola.

«Libertà di voto, andiamo da soli» è al momento la parola d’ordine lanciata ufficialmente dalla segreteria nazionale, nella speranza che tanto basti a prendere il tempo necessario per manovrare meglio sulle elezioni regionali del 2010, considerato lo snodo fondamentale del futuro. Così Casini ripete indicazioni non compromettenti: «Gli eventuali accordi si fanno su base regionale e provinciale: gli unici criteri su cui ci basiamo sono la moderazione e la condivisione di programmi seri che ci convincano. Il resto non ci interessa».

Ma il no agli apparentamenti non vale dappertutto. Per l’elezione del sindaco di Bari, ad esempio, il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, e il primo cittadino uscente Michele Emiliano (che è segretario regionale del Pd) hanno firmato un accordo per l’apparentamento. Anche a Rieti il partito ha scelto di legarsi ufficialmente al centrosinistra per il ballottaggio. E se ciò accadrà anche a Torino, come è probabile, gli accordi con il Pd (o almeno con la sua area ex margherita) disegnano una mappa che sembra una scelta politica nazionale.

Nei corridoi del partito si è tornati a parlare del «laboratorio Trentino». A Trento Udc e sinistra governano insieme, è il luogo che ha anticipato la nascita dell’Ulivo nel 1995 e della Margherita nel 1998 e che oggi riaccende i sogni di gloria centristi. Una tentazione che a Milano si chiama «tabaccismo», la minoranza rumorosa che seguendo Bruno Tabacci si oppone all’intesa tra Pdl e Udc, incurante delle alleanze che esistono a Palazzo Marino e al Pirellone.

Se non fosse paradossale per chi giura di detestarla, sembrerebbe una strategia di lotta e di governo.

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