Balotelli superstar tra i detenuti: «Un onore essere qui, non mollate»

Un anno fa si infilò con l’auto nel piazzale del carcere femminile di Brescia perché, disse agli agenti che lo bloccarono, voleva vedere com’era fatto. Stavolta Mario Balotelli ha potuto soddisfare la sua curiosità, aggregandosi alla delegazione azzurra composta da capitan Buffon e dal ct Prandelli. E nell’istituto di detenzione fiorentino di Sollicciano si è scoperto anche superstar.
«Per me è un’esperienza e un onore. Quel che vi dico è non mollate, tutti hanno un’occasione nella vita», il messaggio di Balotelli, che per una volta dimostra di non essere allergico ai microfoni in un contesto diverso dalle sale stampa o dalle zone miste degli stadi. Subito grande entusiasmo per l’attaccante, alla prima esperienza assoluta del genere.
Abbracci, richieste di autografi, un vero e proprio «assalto» a SuperMario di buona parte degli oltre mille detenuti (il 70 per cento dei quali sono stranieri, nel 1983 era stato costruito per 350, come sottolinea il direttore Oreste Cacurri) prima di salire sul palco della sala cinema per una cordiale chiacchierata di una ventina di minuti con gli azzurri. «È come se gli avessero lanciato un messaggio, “Mario, non sbagliare, noi l’abbiamo fatto tu non devi“, hanno avvertito il suo disagio», commenterà Prandelli. «Torna in Italia», gli grida qualcuno. E SuperMario, a una delle 15 detenute, africana anche lei, che gli chiede come faccia a reggere la pressione dei media replica con il sorriso, quello già stampato sul viso non appena sceso dall’auto: «Sono stato un po’ all’Inter, poi non ce l’ho più fatta e sono andato all’estero...».
C’è chi va diretto all’attualità. «Mario, è vero che vai in campo con l’IPad?», gli viene chiesto. «In riscaldamento, non in panchina», la risposta. Particolare confermato già domenica dallo staff azzurro. «L’IPad non era nulla di particolare, la musica la ascoltano tutti», precisa Prandelli, scontento più per i suoi atteggiamenti indolenti. «Ho molta pazienza, Mario è un esempio per i giovani, sa di avere tutti gli occhi addosso, ma il suo futuro dipende da lui», così il ct che ironizza sottovoce con Buffon: «Gigi, diglielo tu che ci hai messo due anni per diventare titolare...». A Coverciano Prandelli aveva detto alla punta: «Sei stimato nel gruppo, ma ora devi fare un passetto in più per essere anche rispettato». Stasera al «Franchi» andrà in tribuna, ma intanto porterà nel cuore l’esperienza di Sollicciano. Dove Buffon consiglia a un detenuto depresso di «prendere coscienza che è una malattia, non avere paura delle tue fragilità e capire che se vuoi la sconfiggi».
Il breve e intenso bagno di folla finisce.

Il prologo con Gigi Riva, il viola Gamberini e il vicesindaco di Firenze Nardella era stato invece teso. «Mandateci i giocatori del Calcioscommesse», la provocazione di un carcerato a sostegno dell’appello (accolto) di fondi per gli impianti sportivi.

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