Balzan e la sua rara collezione

Amico di letterati, artisti e musicisti come Ulrico Hoepli, Arrigo Boito, Arturo Toscanini, Giacomo Puccini, Sabatino Lopez e Marco Praga, Eugenio Balzan fu uno spirito del poliedrico, tipico rappresentante di un’epoca a cavallo tra Ottocento e Novecento in cui conservazione e progresso, reazione e rivoluzione si scambiavano le parti per dar vita alla grande «esplosione» del XX secolo. La vicenda artistica e umana di questa personalità influente nella Milano di inizio secolo, ha dato vita a una straordinaria mostra che comprende l’intera collezione d’arte dal titolo «La Raccolta di Eugenio Balzan: una collezione d’arte tra Ottocento e Novecento», allestita al Centro culturale svizzero. L’ultima e parziale presentazione al pubblico di questi capolavori avvenne nel 1944 in Svizzera con opere di Morelli tra cui «Bagno Pompeiano», tele di Mosè Bianchi e dipinti di Renato Palazzi tra cui la bella «Fanciulla sulla roccia a Sorrento». La collezione si caratterizza anche per la presenza del piemontese Alberto Pasini, i lombardi Leonardo Bazzano, Eugenio Gignous, Gaetano Previati, i veneti Giacomo Favretto, Luigi Nono e Ettore Tito, i toscani Giovanni Fattori e Plinio Nomellini, i napoletani Edoardo Baldono, Giuseppe De Nittis, Francesco Paolo Michetti, Federico Rossono e Gioachino Toma fino all’escursione del Novecento a partire da Ardengo Soffici. Curata da Giovanna Ginex con testi e apparati di Renata Broggini e Laura Casone ad accompagnare il prezioso e corposo volume edito da Cornèr Banca, la mostra che ha aperto ieri, ripercorre anche la vicenda artistica e umana di Eugenio Balzan (Badia Polesine, Rovigo 1874-Lugano, 1953) le tendenze di un collezionismo sviluppatosi tra Italia e Svizzera, in particolare il Canton Ticino fino dalla fine dell’Ottocento per arrivare agli anni Quaranta del Novecento, una tendenza che prediligeva ambiti pittorici del naturalismo.
Dopo un lungo periodo come decoratore d’interni a Padova, Balzan si diploma come agrimensore. Così iniziò la sua attività tra Vicenza e Verona dove nacque la sua autentica aspirazione per il giornalismo lavorando prima a «L’Arena» e poi una volta trasferitosi a Milano a «Il Corriere della Sera» nel 1897 finendo come inviato speciale in Canada. Il direttore Luigi Albertini gli affida nel 1903 la gestione della società editrice che Balzan svolse per trent’anni. Cavaliere ufficiale e commendatore della Corona d’Italia la testata arrivò a vendere 800mila copie durante la Grande guerra. Nel 1925 proprio nel delicato momento politico del passaggio dal liberalismo al fascismo, fece il mediatore tra gli Albertini, estromessi dal regime e la nuova proprietà dei Crespi. Impegnato a difendere l’indipendenza de «Il Corriere della Sera» dopo vari attacchi di ambienti fascisti ostili, nel 1933 lascia l’Italia e si ritira in Svizzera dove prosegue la sua attività benefica a enti italiani e soprattutto verso i giornalisti rifugiati politici dal 1943 al 1945. Tornò in Italia nel 1950, ma dopo tre anni il 15 luglio morì inaspettatamente a Lugano.

Tra gli ammiratori Luca Beltrami, l’architetto che creò il Corriere e mezza Milano, anch’egli collezionista e benefattore.
La Raccolta di Eugenio Balzan: una collezione d’arte tra Ottocento e Novecento fino al 28 febbraio al Centro culturale svizzero in via Vecchio Politecnico 3.

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