Politica

Una banca della pelle per lavoratori a rischio

Un frigorifero di cellule cutanee personali per trapianti senza rigetto

Erika Falone

da Genova

Genova avrà una nuova banca. Non una qualsiasi, ma una «Banca di conservazione di cute autologa». Una sorta di «frigorifero» contenente una riserva di tessuti particolari che, a differenza delle altre «banche» già presenti in tutto il mondo, offra la possibilità a ciascun soggetto inserito nel progetto di conservare proprie cellule cutanee, donandole spontaneamente.
La proposta è nata dall'Unità ospedaliera di Chirurgia plastica e dal dipartimento di Discipline chirurgiche, morfologiche e metodologiche dell'Università di Genova, e ha trovato il pieno appoggio da parte della Fondazione Carige.
Come tutte le grandi scoperte, anche questa ha alle spalle un'idea più semplice di quanto si possa immaginare. «Lavoriamo nel campo dell'estetica, quindi siamo partiti dal vedere cosa si poteva fare per risolvere il problema della calvizie - spiega il professor Santi, direttore dell'Unità Ospedaliera di Chirurgia plastica dell'Università di Genova -. Una volta scoperto che il bulbo capillifero poteva riprodursi in provetta, abbiamo pensato di estendere il progetto anche a chi perde i capelli a causa di un incidente».
Saranno quindi gli individui di categorie considerate a rischio i primi a rientrare nel programma: vigili del fuoco in primis, ma anche lavoratori delle acciaierie, della Protezione civile e della Marina, tecnici Amga e addetti alle industrie di materiale combustibile.
Secondo i dati resi disponibili dal ministero della Salute di tutti i soggetti ustionati che hanno richiesto le cure dei sanitari, circa il 20 per cento ha riportato lesioni con danno morfologico permanente, nonostante l'intervento chirurgico. Di questi, circa il tre per cento ha presentato lesioni estese oltre il 50 per cento della superficie corporea, una percentuale che rende l'ustionato in pericolo di vita.
La crioconservazione della cute si presenta quindi come un intervento di tipo preventivo. A ogni dipendente saranno prelevati una ventina di capelli. Da questi, dai loro bulbi in particolare, verranno isolate in laboratorio cellule pluripotenti che saranno poi inserite in apposite lamine e conservate in azoto liquido a una temperatura di -180°. In queste condizioni, la conservazione può avvenire per un tempo praticamente infinito.
«In questo modo chi dovesse aver riportato un'ustione grave, potrà fruire rapidamente dei tessuti in precedenze prelevati». La conservazione in azoto delle cellule attorno al bulbo capillifero, infatti, presenta un grosso vantaggio in fatto di tempo di utilizzazione della cellula da impiantare, rispetto all'utilizzo di lamine epiteliali di cheratinociti autologhi espansi (sistema utilizzato nella maggior parte dei casi), per ottenere i quali è necessario un periodo che varia dalle tre alle quattro settimane.
«Dalle liposuzioni, poi, ci avanzava diversa materia grassa - dice il professor Santi -. Abbiamo scoperto che, in quei grassi ci sono riserve di cellule staminali, che possono anch'esse essere isolate e conservate».
L'Università di Genova già dispone di una banca di crioconservazione presso la «Genoa Tissue Bank», la banca delle neoplasie criopreservative che può contenere decine di miliardi di lamine cutanee. «Per ora non c'è l'interesse a mantenere campioni di tutta la popolazione - spiega il professor Raposio, responsabile del laboratorio di crioconservazione -. Per questo abbiamo deciso di partire con le categorie a rischio».
Perché il progetto giunga al termine e possano essere effettuati i primi prelievi, occorre la costruzione di una cosiddetta «camera bianca», uno spazio che possiede condizioni asettiche maggiori rispetto a quelle di una comune sala operatoria e che, grazie all'impegno della Fondazione Carige, dovrebbe essere pronta a fine luglio.


Tra non molto tempo si potrebbe quindi, anche sfruttando un intervento di liposuzione, farsi mettere da parte «un barattolo di proprie cellule giovani - come l'ha definito lo stesso professor Santi - da sfruttare poi eventualmente in fase più matura».

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