La zuppa non va in vacanza. E altrettanto
fanno i banchieri che contano. Con i mercati non si scherza e
nonostante la tecnologia, conviene stare a portata di mano e
soprattutto nelle condizioni di poter fare dichiarazioni pubbliche.
In effetti a fare le spese dell'emergenza finanziaria saranno essenzialmente due uffici.
Quello Tesoreria è ovviamente cruciale. Il timore è che si ripeta
l'incubo Lehman, che di fatto portò alla chiusura dei mercati del
credito. Come ci dice uno del settore: «In quel periodo non venivano
finanziate neanche le navi in partenza dai porti della Cina, era tutto
bloccato. Il nostro mondo era fermo». È chiaro dunque che il vero polso
sui mercati deve essere mantenuto costantemente dai tesorieri, i
manager che hanno in mano i forzieri, la cassa, la liquidità. I
quattrini grazie ai quali circola il sangue del nostro sistema
capitalistico. Sono loro che faranno l'estate a Milano. In buona
compagnia con gli uffici relazioni pubbliche. In un'estate che si
preannuncia calda, la dichiarazione, il commento, diventa merce
preziosa. Ogni scusa sarà buona per gettare benzina sul fuoco della
speculazione, che ha preso l'indirizzo del ribasso. E dunque gli uomini
dellacomunicazione non dormiranno sonni tranquilli.
Certo a guardare i risultati delle tre reginette della finanza italiana si dovrebbe stare sereni. Oppure si dovrebbe, come molti fanno, diffidare dagli utili. Ci spieghiamo meglio. Se sommiamo i risultati delle tre star italiane, Unicredit, Intesa e Generali, arriviamo all'astronomica cifra di 3,5 miliardi di euro di utili netti nei soli primi sei mesi dell'anno. Mica male. E soprattutto in crescita rispetto al passato e in una certa misura superiori alle aspettative del mercato.
Ma in finanza chi si gode il momento è fregato.
D'altronde è leit motiv piuttosto consunto ma sempre vero che la Borsa
compra sulle indiscrezioni e vende sulle notizie. Oggi, di Borsa, è
meglio non parlare. Se continua così Passera, Ghizzoni (quello che
Bisignani non sapeva chi fosse e poi è diventato numero uno di
Unicredit) e Perissinotto dovranno faticare parecchio per vedere le
loro stock option in the money (cioè remunerative). Ma dicevamo, gli
utili di oggi sono stati digeriti dal mercato con la velocità di un
lombrico: anzi sarebbe meglio dire ignorati. E poco contano il favoloso
grado di patrimonializzazione di cui gode Intesa o la diversificazione
geografica di Unicredit. Sono tutti nello stesso calderone: l'Italia e
il suo debito pubblico per una buona parte finanziato proprio da queste
istituzioni.
A scorrere i bilanci di Intesa e Generali l'impatto della Grecia è piuttosto limitato: 25 milioni per Intesa, 100 per Unicredit e 140 per Generali. In fondo meno di quanto sia costata la svalutazione della partecipazione in Telecom (Piazza Cordusio esclusa). Da segnalare infine la definitiva chiusura dell'operazione Citylife da parte di Generali. Si tratta di una delle più importanti operazioni immobiliari italiane, in cui il gruppo di Trieste avrà il 70 per cento. Il restante 30 è della tedesca Allianz di Enrico Cucchiani ( quello che invece Bisignani conosceva e frequentava moltissimo). La quota di quest'ultima sarebbe stata del 33-35 per cento se avesse comunicato la volontà di salire (grazie alla spartizione della quota Ligresti) all'Isvap. Cose che succedono d'estate (noi la settimana scorsa abbiamo attribuito al gruppo San Donato di Rotelli un fatturato di 600 miliardi, confondendoli con i milioni. Si tratta di un errore, ma anche di un auspicio). Tra poche settimane partiranno le fondamenta del primo grattacielo e a breve verrà individuata una nuova impresa costruttrice (scommettiamo su Impregilo). Ma la lezione è una sola. Erano partiti in quattro (oltre a Trieste, Ligresti, Lamaro e Ras poi Allianz) in posizioni praticamente paritetiche.
Mentre a comandare ora è uno solo e i soci sono due. Fare operazioni immobiliare a 10 anni, di vari miliardi di euro, non può essere condiviso con soci. Il manico deve essere uno ed uno solo.
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