Barbie, «Newsweek» e tutti i mal di pancia dei salotti liberal

Ho rilevato varie volte che Newsweek non perde un’occasione per sparlare di Berlusconi - nel numero del 3 maggio un articolo a firma Barbie Nadeau supera ogni limite - dice solo fantasie che forse sarebbe meglio ignorare che controbattere - vorrei però sapere chi questa Barbie? Anche perché, a mio avviso, scrivere assurdità simili può essere fatto solo usando un «nome d'arte». Ho già provveduto a non rinnovare l’abbonamento alla suddetta rivista, spiegando loro i motivi.
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Il nome di battesimo così bamboleggiante può forse far pensare a uno pseudonimo, caro Luppi. Ma non è così. E non è colpa - se colpa c’è - della signora Nadeau il chiamarsi Barbie. Semmai dei suoi genitori. Barbie Latza Nadeau è una giornalista free lance americana, vive in Italia da una ventina d’anni o poco meno, parla correttamente la nostra lingua e collabora a Newsweek, al giornale/blog on line The Daily Beast e ad altre testate turistico-goderecce. È una liberal e questo, va da sé, è invece colpa sua. Ma, come s’usa dire, nessuno è perfetto. Barbie è anche autrice di un libro sul delitto Meredith, sul «caso Amanda», prevalentemente dedicato al mercato statunitense e col quale rintuzzare una certa deriva innocentista di parte dell’opinione pubblica americana convinta che quello di Perugia non fosse un giusto processo. Non ho letto il libro e mi guardo bene dal farlo in futuro, caro Luppi, quindi di più non posso dirle. Naturalmente, Barbie si occupa di tanto in tanto anche di politica italiana e va da sé che ne ha una visione visceralmente antiberlusconiana. Come d’altronde è di rigore per tutta la colonia liberal felicemente accampata qui da noi. Oltre a essere l’unica confacente a un settimanale che si onora d’essere la bibbia dei liberal d’America e del globo terracqueo tutto: Newsweek. Testata che da noi poveri beoti è sempre citata con l’aggiunta dell’aggettivo «autorevole». L’autorevole Newsweek di qua, l'autorevole Newsweek di là. Ma sarà perché l’autorevolezza forse lascia a desiderare, sarà perché il popolo liberal si sta imborghesendo, sarà perché puoi prendere per il sedere tutti per un certo tempo e magari qualcuno per sempre, ma non puoi prendere per il sedere tutti per sempre, a Newsweek sta capitando questo: è alla canna del gas. Negli ultimi tre anni ha perduto più di due milioni di copie (più una, la sua, caro Lupi) e per tanto s’è vista dimezzare della metà la pubblicità, quella che frutta tanti bei soldoni. Frangenti che hanno costretto l'editore Don Graham ad annunciare, con rammarico e anzi con autorevole rammarico, che il settimanale è sul mercato, è in vendita.
Nei salotti radical chic di New York, sempre affollati di Barbi e di Barbie, si suda freddo, caro Luppi. Perché il rischio è che se ancorché al lumicino, Newsweek vada a finire nelle grinfie di Murdoch, che ha il quattrino bastante per portarselo a casa in quattro e quattr’otto. Ed essendo Murdoch la bestia nera dei liberal sarebbe una tragedia sociale, politica e culturale che diventasse l’editore di quello che è stato il portabandiera del sinistrismo «cool». Se poi lo Squalo dovesse rinunciare alla preda, pare che siano pronti per la compera un paio di oligarchi russi e altrettanti danarosi cinesi.

Che per i Barbi e le Barbie sarebbe peggio che l’andar di notte perché se ci sono dei cafoni, quelli sono nouveaux milliardaires (in dollari) di Mosca, Pekino (pardon: Beijing) e dintorni. Ma come si dice? O mangiare quella minestra o saltare dalla finestra (mangeranno, mangeranno... ).

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