nostro inviato a Bari
Non è una bella cosa, per un ex pm diventato sindaco, vedersi «scippare» la gestione di un appalto per la sua insistenza a non tenere conto di più sentenze che intimavano all’amministrazione cittadina di far partire i lavori. Cinque giorni fa, per decisione del Consiglio di Stato, l’ex magistrato Michele Emiliano, oggi politico di punta del Pd pugliese, è stato definitivamente estromesso dalla gestione dei lavori per la costruzione della cittadella giudiziaria. Al suo posto «vigilerà» un prefetto. Una decisione clamorosa, senza precedenti, per una vicenda che ha dell’incredibile. Nel 2003, con la vecchia giunta di centrodestra, viene bandita una gara per la «realizzazione della nuova sede unica degli uffici giudiziari». A vincerla è il colosso Pizzarotti di Parma, l’unico, fra le quattro aziende in concorso, ad avere le carte in regola. Con le elezioni, però, l’assetto politico cambia.
Emiliano diventa sindaco e a soli quattro mesi dall’insediamento della giunta anziché sottoscrivere e avallare il via all’appalto, inizia a tergiversare. Promulga più delibere ad hoc e di fatto blocca i cantieri sconfessando quanto lui stesso ebbe a dichiarare quand’ancora indossava la toga: «Quest’opera dev’essere grandiosa e mettere Bari al centro del Mediterraneo». Il cambio di indirizzo sorprende tutti. Soprattutto i vincitori della gara che si rivolgono alla magistratura amministrativa. Il Tar risponde picche ma il Consiglio di Stato dà ragione all’impresa che stabilisce «l’obbligo» per il Comune di portare a compimento il procedimento. Passano due mesi ma l’invito dei giudici amministrativi cade nel vuoto. L’azienda allora notifica al Comune un «atto di diffida e costituzione in mora», ma non accade niente. Così quando la Pizzarotti Spa presenta un’istanza di «nomina di commissario ad acta», il Comune a sorpresa delibera l’impossibilità di accettare la proposta per una presunta «incompatibilità con il mutato quadro economico». Il 31 luglio 2008 il Consiglio di Stato si pronuncia nuovamente a favore della Pizzarotti definendo «elusiva» l’ultima delibera e nominando il commissario ad acta nella persona del prefetto di Bari, o di un suo delegato, col compito di portare a termine il tutto. Gli accertamenti evidenziano la piena correttezza del procedimento, la convenienza per l’amministrazione comunale e la rispondenza della proposta avanzata dall’impresa a tutte le richieste presenti nel bando di gara. Risultato: dopo aver ignorato la decisione del Consiglio di Stato, il Comune fa lo stesso con il delegato prefettizio, tanto che nel novembre del 2008 approva una delibera con la quale assume decisioni opposte a quelle indicate dal commissario e dal consiglio di Stato. Tant’è.
Il 23 dicembre 2008 arriva un’altra mazzata giudiziaria per il Comune: per «manifesta infondatezza» e «inammissibilità» la Cassazione rigetta il ricorso finalizzato a ottenere l’annullamento della decisione del Consiglio di Stato che aveva sancito l’obbligo per il Comune di portare a compimento il procedimento e consentire la realizzazione della Cittadella, con la sola condizione che fosse prima verificata la possibilità di realizzare l’opera a seguito del mutato quadro economico. Il Comune viene così condannato anche al pagamento delle spese. La querelle sembra finita, sennonché si scopre che Emiliano resiste ancora. Ricorre in Cassazione anche per far annullare la seconda decisione del consiglio di Stato che sanciva la nomina del commissario ad acta. Come se non bastasse ad agosto la Cassazione dà il secondo schiaffo alla giunta Emiliano decretando non solo la «manifesta infondatezza» e l’«inammissibilità» del ricorso, ma evidenziando il comportamento «elusivo» del Comune nei confronti della decisione dei giudici amministrativi. Davanti a quest’ultima decisione l’impresa Pizzarotti presenta l’ennesimo «ricorso per incidente di esecuzione» chiedendo al commissario ad acta di poter dare inizio alla costruzione dell’opera. Il Consiglio di Stato, cinque giorni fa, accoglie la richiesta, evidenzia «aspetti di falsità» in una delibera e conferisce al commissario tutti i poteri, definendo il comportamento della giunta «reiteratamente e persistentemente elusivo» nonché «volto a disattendere l’ordine del giudice». Quanto alla delibera con la quale si rinunciava alla Cittadella, la condanna è chiara: «Si dimostra come da parte del Comune si sia operato al di fuori dei principi di buona fede senza dare consequenzialità ai propri atti».
(ha collaborato Luca Rocca)
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