Cronache

Bandiera rossa nella basilica occupata da no global e abusivi

Da un mese il parroco della basilica di Santi Apostoli, a Roma, accoglie gli sfollati dello sgombero di Cinecittà. I movimenti: "Pronti ad occupare altre chiese se continua l'emergenza"

Bandiera rossa nella basilica occupata da no global e abusivi

È passato un mese da quella giornata di inizio agosto. Tutto era iniziato all’alba, quando in via Umberto Quintavalle, a Cinecittà, erano arrivate le camionette della polizia. L’ordine era quello di sgomberare gli ex uffici dell’Inps, occupati abusivamente da decine di famiglie. Per ore gli occupanti avevano cercato di resistere, asserragliandosi sul tetto dell’edificio. Poi, dopo una giornata di tensioni con le forze dell’ordine - undici i fermati con l’accusa di lesioni e resistenza – si erano ritrovati in strada, senza più un tetto sopra la testa. Così, attivisti per il diritto all’abitare e sfollati avevano deciso di lasciare la periferia romana deserta e spostare la protesta nel cuore della capitale. Armati di coperte e scatole di cartone avevano occupato il sagrato della basilica dei Santi XII Apostoli. Le tende, dopo un mese, sono ancora lì.

“Bussate e vi sarà aperto”

Quando gli ex occupanti di via Quintavalle si sono barricati all’interno del portico quattrocentesco della chiesa, padre Agnello Stoia, frate francescano e parroco della basilica non ha avuto dubbi. “Mi sono sentito in dovere di accoglierli” ci dice quando lo intervistiamo nel silenzio del chiostro di palazzo Santi Apostoli. “Ovviamente dietro di me c’è la mia comunità religiosa, ci sono i vescovi, il vicario del Papa e una Chiesa che risponde alle indicazioni di Francesco sull’accoglienza”. L’eco della vicenda, infatti, secondo quanto affermano gli attivisti dei movimenti per la casa, sarebbe arrivata fino al Palazzo Apostolico. Anzi, fino a Santa Marta. E i vescovi si starebbero "ponendo come interlocutori” con le istituzioni per trovare una sistemazione alle decine di “senza casa” che hanno piantato le tende all’ingresso della basilica.

Dentro la chiesa "occupata"

I rilievi e le statue di marmo che adornano il porticato si perdono ormai tra scatoloni, materassi e cumuli di coperte. Appese alle ringhiere, le fila di panni stesi segnano il confine. Fuori, la “grande bellezza”. Dentro, l’inferno degli ultimi. Bambini, tanti, piccolissimi. Anziani e donne incinte. “Qui non ci sono i servizi minimi per la sopravvivenza”, denuncia una donna peruviana. “Per lavarci usiamo una doccia per i rifugiati, mentre al bagno andiamo nei bar”, spiega Abdul, marocchino. “Da mangiare lo portano i frati o le associazioni, e se non arriva nulla allora compro un panino da un euro per i miei tre figli”, dice Amina, anche lei arrivata in Italia quindici anni fa dal Marocco. La fame le è andata via da un pezzo. Al suo posto è arrivato il mal di schiena, dopo una notte passata sul pavimento. La tenda, Amina, l'ha lasciata ai suoi ragazzi di 9, 13 e 16 anni. Per metà stranieri e per metà italiani, gli occupanti chiedono alla giunta Raggi che si utilizzino i 30 milioni di euro stanziati dalla Regione e che venga applicata la delibera 50, firmata nel 2016 dall’allora commissario straordinario Francesco Paolo Tronca, che prevedeva la creazione di un “bando speciale” per l’assegnazione degli alloggi ai nuclei familiari presenti in 74 stabili occupati da “sgomberare in via prioritaria”.

La "lotta" dalla basilica

Per ora, la proposta arrivata dal Campidoglio è quella di effettuare un censimento delle persone accampate a Santi Apostoli. “È necessario”, ha detto giovedì l’assessore alla Persona del comune di Roma, Laura Baldassarre, “affinché i minorenni possano ricevere adeguata tutela”. Ma gli occupanti non vogliono dividersi. “Vuole portarci via i bambini, le mamme e gli anziani, persone che hanno scelto di stare qui con noi”, accusa Alberto, 35 anni, romano, diventato attivista dei "movimenti per la casa" quando, tre anni fa, ha perso il lavoro e si è ritrovato a dormire in strada. Il presidio, infatti, oltre ad offrire accoglienza è anche un sit-in di protesta che serve a “rendere visibile il problema”, spiega il parroco. Non a caso, è stata scelta la piazza a due passi dalla Prefettura che, ormai per tradizione, ospita le manifestazioni della sinistra. Non è escluso, quindi, che l’esperienza di Santi Apostoli "possa ripetersi" e che in futuro vengano occupate altre chiese, se questo servisse a tenere i riflettori accesi sull’emergenza, spiegano gli attivisti. “Ma non può essere questa la soluzione”, chiarisce Alberto.

Le proteste della piazza

Intanto, nella piazza serpeggia qualche malumore. Una donna si lamenta con il parroco per il degrado e gli schiamazzi. “Sono problemi che esistono a prescindere da queste persone”, ribatte padre Agnello. “Forse gli striscioni davanti alla basilica danno un’immagine di degrado, ma la piazza è sempre stata sporca”, assicura il frate avvolto nel suo saio grigio. “Dentro è un disastro, per giorni l’ingresso alla chiesa è stato interdetto”, reclama un commerciante della zona, che chiede di restare anonimo. Da quando hanno montato le tende, si sfoga, “perdo mille euro al giorno nel fine settimana e minimo cinquecento euro nei giorni feriali”. Il motivo? “La gente vede gli striscioni e preferisce passare da un’altra parte”. Ma, ad un mese dallo sgombero, l’emergenza resta. Assieme ai materassi, alle bandiere rosse e agli slogan scritti sulle lenzuola con la bomboletta spray. A Santi Apostoli è ora di pranzo e i bimbi si mettono in fila per ricevere un piatto di riso con un po' di carne. Una donna di novant'anni mangia sola, seduta sul suo letto. Fuori i turisti passeggiano.

Roma, l'ha già dimenticata.

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