Aspettando la luce del mercato Armani siamo andati a cercare il suo nuovo allenatore, quel Sergio Scariolo trotamundo che ieri era Trieste per un clinic, smanioso di sapere se la sua Inter aveva trovato finalmente una guida, pronto ad andare per un altro clinic verso l’emporio fenicio di Melilla la bianca, porto franco spagnolo sulla costa orientale del Marocco, pronto a tornare a Marbella per essere poi a Malaga domani per la manifestazione organizzata nel nome del padre Cesare per combattere le malattie oncologiche nei bambini, con la valigia al piede per essere il 3 luglio al clinic di Pesaro, la città dove ventinovenne vinse il primo scudetto in carriera, sognando le vacanze in Sardegna, prima di mettersi al lavoro con la nazionale spagnola il 26 luglio in preparazione dell’europeo in Lituania dove dovrà difendere il titolo vinto due anni fa.
Caro Scariolo dalle pile sempre accese lei viaggia, insegna, ma Milano si aspetta anche che dia un’occhiata al mercato perché Siena e Cantù sono già in movimento e in passato chi faceva mercato non era proprio convincente.
«La fretta sarebbe cattiva consigliera. Il 5 luglio avremo più chiara la situazione dei giocatori sotto contratto con l’Olimpia. Chiaro che cerchiamo l’asse portante di ogni squadra: il regista e il centro. Sul primo ruolo la concorrenza europea sarà durissima perché tutti lo cercano cominciando dal Barcellona che ha perso Rubio andato a Minnesota».
A proposito di Rubio sarà nel gruppo per l’Europeo?
«Certamente, poi vedremo se resterà nel gruppo per la Lituania».
Qui parlano di Cook, Prigioni, persino del rientrante Basile dopo sei anni in Catalogna. Nomi buoni?
«Buonissimi, un buon play è scelta prioritaria, meglio se europeo, però, magari ci fosse un italiano buono in quel ruolo».
Sul centro dove vi orientate visto che Siena è vicinissima al danese australiano Andersen che già vinse un titolo con la squadra di Minucci, pensando alla caccia per avere Kasun anche se bocciato dai pro, valutando che Cantù è già in contatto con Cinciarini come cambio in regia e ha confermato Scekic?
«Loro hanno bisogno di piccoli ritocchi, noi abbiamo una riprogrammazione del gruppo molto più ampia da fare, ma, ripeto, la fretta sarebbe controproducente».
In questi giorni Giorgio Armani chiudendo le sfilate della moda a Milano ha mandato un messaggio che potrebbe anche allargarsi al basket che non gli ha ancora dato grandi soddisfazioni e quando parla di sfilate da circo e banche padrone, magari pensa pure alla dittatura Montepaschi e a squadre che devono avere dentro qualcosa e non soltanto fenomeni tatuati per fare fumo.
«Chiaro che vogliamo una squadra competitiva e non soltanto attraente. Il successo, lo spettacolo si creano con un circolo virtuoso che parte dalle scelte giuste per creare calore intorno a noi, per consentire alla gente di identificarsi con il gruppo che vai formando. Nel basket, come nel calcio, comunque, sono i risultati a chiudere questo ciclo virtuoso, se mancano sei a pezzi e per farlo la forza deve stare nei giocatori, la vera base, nella società. Guardate il Real Madrid che adesso si affida a Pablo Laso dopo aver avuto i migliori. Dipende tutto dalla società. Pensiamo ai giocatori di Siena che sono andati via, non erano gli stessi, l’ho constatato di persona con Eze al Kimki, penso al Kaukenas bocciato a Madrid».
Siena e Cantù hanno fatto una bella finale, quelle squadre hanno dietro una solida società. Le sono piaciute le partite che hanno dato il quinto titolo al Montepaschi?
«Abbastanza, ma sono perplesso davanti all’epilogo e ai tanti elogi per un 4-1 finale. Certo non è colpa di chi fa bene, ma serve davvero cambiare la tendenza e noi ci proveremo anche se in Europa ci sono in caccia 10-11 squadre con budget altissimi».
Tornando ad Armani dice che la forza sta nella creatività personale del suo gruppo, nella capacità di rinnovarsi rimanendo se stessi, essendo credibili e mai tracotanti o volgari. Con Fabrizio Frates come assistente pensa di aver già messo un mattone importante nella costruzione del nuovo gruppo?
«Nello sport i veri protagonisti sono i giocatori, dare allo staff tecnico una importanza superiore a quella che ha in realtà è sbagliato. Il bene e il male sono soggettivi. Non credo all’allenatore demiurgo, ma con Frates abbiamo rinforzato lo staff. Ora dobbiamo fare come diceva Pablo Picasso trovare ispirazione mentre stiamo lavorando. Trovare la creatività nel lavoro quotidiano. Una città come Milano ha bisogno dell’eccellenza ed è giusto dire che non si deve baroccanare il giocatore perché in prima fila non ci devono essere le statistiche, ma l’uomo. Dobbiamo riprendere un dialogo positivo con la gente.
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