L'"impronta 33" repertata nel 2007 e la pista inesplorata. "È quella di Andrea"

Non attribuita dal Ris, riappare 5 anni fa: per i carabinieri è di Sempio, il pm non procede

L'"impronta 33" repertata nel 2007 e la pista inesplorata. "È quella di Andrea"
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I pm «hanno in mano qualcosa in più, un elemento che accusa Sempio e che ancora non conosciamo»: per giorni, nella nuova caccia all'assassino di Garlasco, era questa l'unica spiegazione sensata che circolava, per spiegare la sicurezza con cui la Procura di Pavia puntava su Andrea Sempio. Ieri, gli inquirenti calano il loro asso. Un'impronta. L'impronta di Sempio, lasciata nella villa di Garlasco, su un muro accanto al corpo senza vita di Chiara. Quindici punti di contatto portano a Sempio. Per attribuire con certezza un'impronta ne bastano dodici.

La svolta era nell'aria da giorni, da quando gli inquirenti avevano deciso di convocare un triplo interrogatorio in contemporanea: stessa ora e luoghi diversi, per Sempio, per Alberto Stasi - da dieci anni in carcere per l'omicidio di Chiara - e Marco Poggi, il fratello della ragazza uccisa. A Stasi il procuratore Fabio Napoleone ieri chiede di tutt'altro, lo interroga sui suoi rapporti con Chiara, con le sue cugine Paola e Stefania. Ma anche Stasi, mentre varca la porta del procuratore, sa che la svolta è nell'aria. Una manciata di minuti, e uno scoop del Tg1 rende nota la scoperta dei carabinieri. Lo scenario della nuova inchiesta, finora accompagnata da critiche e scetticismo, cambia di colpo.

Eppure l'impronta era lì, da anni, repertata dai Ris dei carabinieri già nel 2007, subito dopo l'omicidio. É il reperto numero 33, nel crudo album che documenta il massacro. Resta inesplorata per tredici anni, mentre viene processato e condannato Alberto Stasi, bersaglio dall'inizio di una indagine a senso unico. L'impronta sul muro riappare cinque anni fa, nel 2020, quando - su richiesta dell'avvocato di allora di Stasi, Laura Panciroli - i carabinieri di Milano tornano a leggere gli atti. E si convincono che quella è la traccia lasciata dall'assassino. Non può dirsi se è insanguinata, ma il punto in cui si trova si spiega solo con i momenti tragici e convulsi dell'aggressione, mentre Chiara viene colpita e trascinata lungo le scale. «Su tale contatto non appare sia stata eseguita alcuna indagine biologica mirata ad accertare se quel contatto sia stato lasciato da una mano sporca di sangue o se fosse altra sostanza», scrivono i carabinieri di Milano il 7 luglio 2020. Tredici giorni dopo, il procuratore di Pavia Mario Venditti chiede e ottiene di archiviare l'indagine.

Foto impronta

Così tutto si ferma di nuovo. Fino ad adesso. Quando il Dna trovato sulle unghie di Chiara porta a indagare su Sempio, mentre il dubbio che Alberto Stasi sia vittima di un drammatico errore giudiziario si fa strada anche nella Procura di Pavia. A Sempio vengono prelevate le impronte, ed ecco la risposta. L'impronta 33 è sua.

Non è la fine dell'inchiesta, non è la chiusura del cerchio. Ma è chiaro che lo scenario cambia bruscamente. Sempio, davanti al Dna trovato sul corpo di Chiara ha potuto avanzare spiegazioni possibili, come quella di un contatto indiretto sul mouse di un computer; ora però gli spazi si stringono. Dovrà spiegare come la sua impronta è finita lì, vicino al corpo senza vita di una ragazza che sostiene di conoscere appena.

É questa la domanda che gli avrebbero fatto i pm oggi, se si fosse fatto interrogare. Non si è presentato. Per la Procura di Pavia la pratica si chiude qui: non lo convocheranno nuovamente, tanto meno manderanno i carabinieri a portarlo con la forza, come la legge consentirebbe. Il risultato è raggiunto lo stesso, con una botta che rischia di rendere superflui i lunghi accertamenti genetici disposti la settimana scorsa e che moltiplica la pressione psicologica su Sempio.

É una pressione che potrebbe apparire brutale, se non fosse sorretta dalla convinzione dei pm di trovarsi davanti a un assassino che per diciott'anni è riuscito a restare impunito, e a tacere mentre un altro uomo pagava per il suo delitto.

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