da Roma
Tutti a lamentarsi della presente legge elettorale e nessuno che punti il dito contro le storture partorite dalla legge 157 del 3 giugno 1999. La legge che ha inventato i rimborsi elettorali quale espediente per il finanziamento pubblico dei partiti cancellato dal referendum del 93, è modellata sui meccanismi elettorali per lEuroparlamento e per le Regioni, e sul Mattarellum che regolava lelezione di Camera e Senato. La legge elettorale è cambiata, ma quella del finanziamento pubblico no. Col paradosso che il 15 daprile vedremo svariati partiti bocciati dalle urne, senza un solo parlamentare, ma con pieno diritto ad incassare per cinque anni almeno mezzo milione di euro ogni anno.
La legge dei rimborsi elettorali infatti, stabilisce il raggiungimento di un tetto minimo di voti dell1% alla Camera, per aver diritto alla spartizione proporzionale di 50 milioni di euro allanno (che la finanziaria ha fatto scendere per questanno a 45) nel quinquennio. Per i 50 milioni del Senato, occorre raccogliere mediamente il 5% dei voti. Per un posto a Montecitorio però, bisogna superare il 4%. E la soglia per il Senato, è all8% in ogni regione.
Da qui il paradosso, che nel 2006 non si è materializzato perché sostanzialmente si presentavano due soli schieramenti, dunque nessuno è rimasto a bocca asciutta. Questa volta sono tanti i simboli che corrono da soli, e ci sarà la congiunzione astrale nefasta. Quali e quanti sono i partitini in grado di superare l1% ma non il 4% alla Camera, e il 5% ma non l8% al Senato?
Il partito di Bordon e Manzione, «Unione dei Consumatori», probabilmente supererà l1% senza mai arrivare al 4. Pare che sfiori l1% anche il Pcdl di Ferrando, e dovrebbe superare questa sola soglia anche «Per il bene comune» di Fernando Rossi.
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